L’Ucraina arruolerà cittadini stranieri nel proprio esercito


di Eugenio Cipolla


Parlare di pace fatta nella questione relativa alla spinosa guerra che da un anno e mezzo sta dilaniando il Donbass, nella parte orientale dell’Ucraina, è ancora prematuro, ma qualcosa si sta muovendo. L’ultima riunione del quartetto di Normandia che si è svolta a Parigi nel fine settimana, e che ha visto come protagonisti Francois Hollande, Angela Merkel, Vladimir Putin e Petro Poroshenko, ha sancito l’inizio del ritiro delle armi di artiglieria leggera dalla linea di contatto, punto compreso negli accordi di Minsk dello scorso febbraio e mai attuato.
Un piccolo passo avanti si è dunque realizzato. Ieri sia i ribelli di e Luhansk che le forze armate ucraine hanno iniziato le operazioni concordate, spostando i propri armamenti a 15 km dal fronte. Secondo Ruslan Tkaciuk, uno dei portavoci militari dell’esercito di Kiev, l’operazione durerà 14 giorni. «Oggi – ha detto in conferenza stampa – abbiamo nella regione di Luhansk abbiamo iniziato un arretramento simultaneo dei carri T-64 e T-72 e in alcuni punti anche dei pezzi di artigliera anticarro D-48 e D44». La tensione diplomatica tra Kiev e Mosca, però, rimane altissima. Sia Poroshenko che Putin hanno evitato di partecipare alla conferenza stampa congiunta dei quattro leader dopo i colloqui di Parigi, preferendo mandare avanti Hollande e la Merkel.
Chiamato a commentare l’esito del vertice, Poroshenko ha assicurato che non è in atto nessun tentativo di rivedere gli accordi presi a Minsk, insistendo sul fatto che entro la fine dell’anno Kiev riprenderà il pieno controllo del suo confine orientale, cacciando i separatisti. «Il confine – ha detto Poroshenko - è una componente chiave della nostra sovranità e non faremo compromessi su questo». Il nodo da sciogliere, ora, rimane la data delle elezioni amministrative convocate dai filorussi per il prossimo 18 ottobre, perché , come spiegato da Francois Hollande, dovrà essere necessario attendere 90 giorni dall’approvazione della nuova legge elettorale ucraina, cosicché possano essere perfettamente conformi alla normativa di Kiev.
Dal canto suo, Mosca, mostrandosi dialogante, ha promesso di esercitare tutto il proprio potere di influenza sui separatisti per fare in modo che si trovi un punto d’incontro anche su questo terreno delicato. «Come sapete ci sono militanti nell’est del paese con i quali non siamo e non possiamo impegnarci in un dialogo diretto» ha affermato Kostantin Yeliseyevm capo dell’amministrazione presidenziale ucraina, scaricando di fatto tutto il peso delle aspettative sul Cremlino.
Intanto, sempre ieri, il procuratore militare ucraino Anatoli Matios ha reso noto che sono 16mila i soldati ucraini che hanno disertato la leva, abbandonando le zone del conflitto in Donbass. Il ministero dell'Interno ha già fatto sapere di aver avviato le ricerche degli scomparsi ma nell'ultimo anno non ne sono stati ritrovati più di mille. Durante l’ultima chiamata alle armi, secondo i dati forniti dal vice capo del dipartimento per la leva, il colonnello Aleksandr Pravdivets, quasi 27 mila coscritti, circa il 50% del totale, ha preferito disertare.
E potrebbe esserci anche questo alla base dell’accelerazione sulla legge approvata stamattina dalla Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, dove con 229 a favore è passato in seconda lettura un provvedimento che permette all’esercito di arruolare anche cittadini stranieri. «Questa legge – è scritto su una nota esplicativa del ddl – aumenterà la capacità di combattimento dell’esercito e ridurrà i costi umani e finanziari per l’Ucraina, conseguenza diretta dei combattimenti nella parte orientale del paese». Dopo un periodo di prova di due mesi, i combattenti stranieri dovranno prestare giuramento prima di entrare e acquisire la cittadinanza ucraina prima di poter entrare in servizio. In tal modo Kiev legalizza di fatto tutti i foreign fighters che nell’ultimo anno era accorsi da diverse parti dell’Europa per dar manforte alla causa ucraina. Ora il provvedimento, per essere definitivo, dovrà essere firmato dal presidente Petro Poroshenko per poi essere pubblicato in Gazzetta ufficiale.

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