La domanda più importante sull'Isis che ancora nessuno ha posto

Su come l'Isis si finanziasse e sul come si potesse sconfiggere nella sua distruzione pianificata di stati sovrani come Iraq e Siria in pochi lo scrivevamo da mesi. Oggi, al contrario, in molti (quando i carri sono partiti e come sempre è tardi) si sono svegliati e si rincorrono il "dobbiamo tagliargli i finanziamenti".
Tra i pochi, sicuramente Zero Hedge che a settembre 2014 publicava questa infografica di facile uso su come “l'ISIS usasse i proventi petroliferi per finanziare le sue operazioni terroristiche”.

Kelsey Harkness poi sul Daily Signal scriveva:
Secondo l'Iraq Energy Institute, un'organizzazione indipendente e non profit che studia il settore energetico iracheno, l'esercito dell'Isis controlla la produzione di 30 mila barile di petrolio al giorno in Iraq e 50 mila barili in Siria. Venendendo il petrolio sul mercato nero ad un prezzo scontato di 40 dollari al barile (rispetto ai 93 dollari al barile sul mercato libero), l'ISIS ottiene 3,2 miliardi di dollari al giorno.
I proventi, che sono circa 100 milioni di dollari al mese, permettono all'ISIS di finanziare i suoi attacchi terroristi e militari – e di attrarre più reclute dal mondo, incluso l'America”.
Chiaramente sempre in pochi, e ora con il carro partito di più, scrivevamo come gli Stati Uniti e i suoi alleati per essere efficaci nella loro presunta lotta allo Stato Islamico dovessero colpire l'Isis sulla capacità di vendere queste decine di migliaia di barili di petrolio al giorno sui mercati internazionali.
Non si interessò nessuno alla questione, fino ad oggi, quando la faticente coalizione occidentale sembra voler iniziare a combattere l'organizzazione terrorista dopo un anno e mezzo di complice osservazione. In un articolo dal titolo "Why US Efforts to Cut Off Islamic State's Funds Have Failed" Bloomberg cerca di spiegare, con i carri partiti, quello che era noto da un anno e mezzo: i fondi dell'Isis restano sempre più forti e, citando le parole di Benjamin Bahney, analista alla Rand Corp., think tank finanziato dalla Difesa statunitense, “devi andare dietro il petrolio e devi farlo seriamente. Dobbiamo inziare a farlo oggi”.

Le fonti ora diventano note e Bloomberg scrive correttamente che "anche se gli Usa dovessero indebolire le fonti di introito dell'Isis, il gruppo ne ha oggi di nuove rispetto al greggio – dalla vendita delle schiave sessuali, al riscatto dopo rapimenti fino alla confisca di terre agricole – che possono tenerlo in vita per anni”.

Bloomberg poi cita il Pentagono che riconosce "che per più di un anno hanno evitato di colpire autocisterne con il petrolio per limitare le vittime civili. Nessuno di questi ragazzi erano dell'Isis. Non ce la sentivamo di vaporizzarli, così abbiamo visto scorrere questo petrolio dell'Isis per un anno”, ha dichiarato Knights.

Questo è cambiato il 16 novembre, quando quattro aerei statunitense hanno distrutto 116 pozzi petroliferi. Quindi il rischio di vaporizzare “civili innocenti” è scomparso improvvisamente quando il Pentagono ha realizzato che una campagna di oltre un anno è stata una debacle epica. Oggi che l'isis è divenuto sempre più forte, grazie a mesi e mesi di rendite intatte.

Forse non erano “le vite innocenti” che interessavano agli Usa e vassalli vari.

Non è ancora noto se questa recente giro di vite su dumping petrolifero dell'Isis sui mercati globali avrà un effetto sui fondi dei terroristi. E' certamente una coincidenza strana, ragionandoci un pochino, che il prezzo del Brent ha iniziato lo scorso autunno la sua caduta, proprio quando l'Isis ha fatto la sua comparsa in modo spettacolare e teatrale sulla scena mondiale.

Ma quello che abbiamo chiesto per mesi e quello che ci auguriamo qualche giornalista intraprendente possa chiedere ai responsabili governativi, prosegue Zero Hedge, è quali sono le società di trading delle materie prime che hanno comprato milioni di barili di petrolio di contrabbando dallo Stato Islamico enormente scontati. Si tratta di miliardi di dollari fatti nella rivendita.

Chi sono gli intermediari? Quello che sappiamo è chi potrebbero essere prendendo a riferimento i più importanti sul mercato a settembre, come Glencore.

A questo punto, solo tre cose sono certe:
il petrolio così profondamente scontato, si traduce in enormi profitti per l'intermediario intraprendente impegnato in transazioni apertamente criminali.
Qualunque sia l'intermediario è ben noto ai servizi di intelligence statunitensi, come la NSA e CIA, e, quindi, al Pentagono, e, quindi, il governo degli Stati Uniti.

La terza certezza è che mentre gli Stati Uniti e ora la Francia, stanno tutti molto teatralmente bombardando qualcosa nel deserto siriano (nessuno sa veramente che cosa), il finanziamento di ISIS non accenna a diminuire, perché qualche intermediario continua a comprare il petrolio dall'ISIS.
Ci chiediamo quanto tempo deve passare ancora fino a quando qualcuno chieda la domanda delle domande sullo Stato Islamico. Una domanda deve trovare una risposta immediata: chi è l'intermediario di materie prime che, in violazione di ogni legge conosciuta di finanziamento del terrorismo al momento dell'acquisto del petrolio dell'Isis, con la tacita approvazione di vari governi dell'"alleanza occidentale"? E, in altre parole, perché questi governi hanno permesso che suddetto intermediario potesse continuare il finanziamento ISIS per oltre un anno?

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