Un salto a Gerusalemme passando da Erez: come Jekyll diventa Hyde e viceversa all'infinito


di Patrizia Cecconi

Gerusalemme, 19 febbraio


Oggi faccio un salto a Gerusalemme. Attraverso la lunga gabbia del varco di Erez, arrivo ad Ashkelon.

Nel pullman che da Ashkelon mi porta a Gerusalemme c’è una vecchia signora, forse affetta da demenza senile, forse invece solo lontana dal mondo e desiderosa di solitudine, non lo so.

Ma qualcuno ha segnalato la sua presenza. La signora dovrà scendere. Il pullman si ferma in un’area di servizio dove numerosi poliziotti israeliani salgono a bordo. C’è anche qualche soldato con mitra in spalla ma senza l’aria da figlio di generale Chivington, anzi, questi soldatelli neanche accarezzano minacciosamente il mitra come fanno invece quando li incontro ai check point in territorio palestinese.

I poliziotti si avvicinano alla vecchia signora. Lei ha un basco viola di lana, una giacca morbida e l’aria di una vecchia artista uscita da Montmartre qualche decennio fa.

Sono gentili, umani all’inverosimile. Ma la signora tanto non scende. Non vuole. Tutto il pullman si mobilita. Io no per la verità, io cerco di capire cosa succede e resto al mio posto. Anche alcuni passeggeri cercano di convincerla con dolcezza ma lei è inamovibile, risponde in ebraico e io non capisco, poi mi diranno che insisteva nella sua intenzione di andare aGerusalemme.

La scena dura oltre mezzora.

E’ commovente vedere quanta comprensione umana dimostrano tutte queste persone a partire dai militari. Mi piacerebbe vedere qualcosa di simile anche nel mio paese. So che in un caso del genere nel mio paese, che è l’Italia, non ci sarebbe stata né tanta pazienza né, soprattutto, tanto rispetto. Casi criminali come l’omicidio “sanitario” di Francesco Mastrogiovanni lo confermano. Qui invece assisto a una scena di grande umanità. Poliziotti e viaggiatori organizzano addirittura una pantomima.

Per loro è pantomima, per me invece è richiamo a quello che vedo fare abitualmente in versione di occupanti e con atteggiamenti totalmente diversi, ai check point nella Palestina occupata. Vale a dire che organizzano l’uscita dal pullman per un simulato controllo dei documenti come fanno abitualmente con i viaggiatori palestinesi. Ma la signora non scende.

Non lo farebbe neanche se fosse vero. Mica è palestinese lei!

Chiedo quale sia il problema e mi spiegano che la polizia deve riportare a casa la vecchia signora perché non sta bene con la testa e i suoi familiari la stanno aspettando.

Alla fine un poliziotto riesce nell’impresa e offrendole il braccio la fa scendere e l’accompagna amorevolmente verso la vettura che la porterà a casa.

Intanto Mohammad Al Qiq sta morendo per gridare a un mondo sordo e cieco che Israele non rispetta i più basilari diritti umani. Ovviamente quelli dei palestinesi.

Intanto nei villaggi strozzati dal muro si manifesta e tra poco arriverà la conta dei morti, dei feriti e degli arrestati dall’esercito occupante.

Intanto in qualche angolo della Cisgiordania occupata, mentre scrivo, magari proprio a Gerusalemme, un ragazzo o una ragazza palestinese verranno uccisi, come di routine. Magari proprio uno di quei militari così umani e gentili con una vecchia signora ebrea, domani perderà ogni traccia di umanità con una giovane o vecchia signora palestinese (che non a caso non viene mai definita signora ma semplicemente donna) così come dimostrano i militari che ogni giorno uccidono senza scrupoli e quasi certamente senza rimorsi uomini e donne palestinesi già vittime di questa lunghissima illegale occupazione.

Ma cos’è che trasforma l’amabile dr. Jeckill nell’orrendo mr. Hyde? Forse la convinzione che il palestinese non sia un essere umano con tutti i suoi diritti, ma solo un ostacolo verso il raggiungimento di quell’obiettivo già presente prima del 1948, cioè la conquista dell’intera Palestina per farne la grande Israele?

Se il mondo smettesse di farsi complice di questo progetto forse mr. Hyde non avrebbe più alibi e i palestinesi vedrebbero andare in porto le loro battaglie per la fine dell’assedio e dell’occupazione.

Intanto sono arrivata nella città cosiddetta santa. Raggiungo la porta di Damasco perché voglio comprare il khaek, ovvero il pane di Gerusalemme ricoperto di sesamo.

Loro, i mr Hyde, sono lì. A gruppi, dall’aria feroce e luttuosa e accarezzano il mitra. Non è un bello spettacolo. E’ l’occupazione militare israeliana. Ma finirà, di sicuro finirà e potrò mangiare il pane di Gerusalemme seduta sui gradini di fronte alla porta di Damasco guardando le belle pietre dell’antica cinta muraria senza che il mio sguardo venga disturbato dalle divise degli occupanti appostati lì davanti in attesa di fare il martire giornaliero.

Finirà di sicuro, ma intanto mi arriva la notizia che al momento i martiri quotidiani sono già due. Ovviamente nel silenzio mediatico dell’Occidente. In fondo sono solo palestinesi!

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