La Germania sta sviluppando un “Piano Marshall” per l’Ucraina


di Eugenio Cipolla

L’affare che riguarda Arseniy Yatsenyuk ha ufficialmente sconfinato. Il cruccio di Petro Poroshenko, con il quale si dice che i rapporti siano ormai ai minimi termini, sta diventando un vero e proprio caso internazionale. Ieri sera, ospite del programma “10 minuti con il primo ministro”, in onda su diversi canali televisivi ucraini, il leader del Fronte Popolare è tornato ad attaccare «le forze all’interno del paese che vogliono avidamente prendere il potere». Secondo il premier, il suo governo è quello «che ha fatto di più in un anno rispetto a tutti i governi precedenti negli ultimi venti».
Parole, quelle di Yatsenyuk, che alla Bankova sono arrivate dirette e che hanno mandato su tutte le furie Poroshenko. Di dimettersi, infatti, il premier non ne ha la minima intenzione. Almeno, finché non gli sarà garantito uno spazio di manovra molto ampio nel governo che dovrebbe succedergli. «Il governo – ha proseguito - ha messo a punto un piano d'azione per il 2016 ed è pronto per la sua attuazione». Sulla scrivania di Poroshenko, intanto, rimangono aperti gli scenari più disparati. I nomi di Turchinov e Groismann, che avevano subito un’impennata negli ultimi giorni, si sono raffreddati, ed è tornata in auge l’ipotesi di un esecutivo tecnico guidato da Natalia Jaresko, attuale ministro delle Finanze di Kiev e con un passato nelle più grandi compagnia finanziarie statunitensi.
Per ora, nei conteggi fatti tra i corridoi della Rada, la donna di Washington avrebbe i voti necessari per la nomina. Ma allo stesso tempo, ha scritto qualche giorno fa il quotidiano ucraino ‘Vesti’, Poroshenko difficilmente prenderà misure drastiche senza l’approvazione degli Stati Uniti. In realtà, viene spiegato in ambienti di governo, non vi è alcun divieto diretto da parte del vicepresidente Usa, Joe Biden, al siluramento di Yatsenyuk, ma, si legge ancora su Vesti, «la candidatura della Yaresko sarebbe un tentativo di “corrompere” gli Stati Uniti per ottenere il loro sostegno sulle dimissioni di Yatsenyuk».
Sulle dinamiche della politica ucraina, però, non pesano solo gli interessi d’oltreoceano, ma anche quelli dell’Unione Europea, che sul progresso di Kiev ci ha messo la faccia. Non a caso, la crisi politica con conseguente paralisi ha allarmato e non poco le cancellerie europee, in particolar modo Berlino. La settimana scorsa il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier era stato a Kiev assieme al collega francese Ayrault. Ufficialmente per constatare di persona la situazione del paese, ma il vero motivo potrebbe essere un altro: l’attuazione nel paese di un “Piano Marshall” europeo per l’Ucraina.
A parlare di questa ipotesi oggi è stato Karl-Georg Welman, pezzo grosso della Cdu di Angela Merkel. Intervistato dal giornale ucraino “Segodnya”, il deputato del Bundestag lo ha detto senza troppi giri di parole: «Non vogliamo che l’Europa si stanchi a causa della corruzione persistente. […] Quindi stiamo lavorando a una nuova strategia per la stabilizzazione e lo sviluppo dell’Ucraina con un maggiore impegno finanziario e politico. E’ qualcosa di nuovo che verrà definito con l’accordo di associazione. E’ una nuova strategia ancora in fase di sviluppo, non essendo entrata a far parte ufficialmente della politica. Questa idea comprende un “Piano Marshall” per la ripresa economica, della gestione, della magistratura […] Se questo “Piano Marshall” inizierà mai a lavorare, sarà solo sotto il pieno controllo e monitoraggio (della Germania). Il destino dell’Ucraina è l’Europa».

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