Libia, Alessandro Di Battista: "Il Ministro Gentiloni perché non pubblica i risultati ottenuti dal Gruppo di contrasto al finanziamento all'Isis?"


Nell'informativa urgente del governo sulle scelte sulla crisi libica, il ministro degli esteri italiano Gentiloni ha ricordato mercoledì pomeriggio come a 5 anni dalla caduta di Gheddafi, il paese sia oggi diviso e invaso da Daesh e terroristi jihadisti. Il tutto senza mai soffermarsi sul come uno dei paesi con i redditi procapiti più alti della regione si sia trasformato in quello scenario. Ma dei crimini della Nato e del “terrorismo occidentale” meglio non dire per chi ha creato il problema e oggi si propone come soluzione.

“Dobbiamo partire dall'individuazione del nostro interesse nazionale: qual è quello italiano? L'interesse dell'Italia è evitare un'ulteriore degenerazione, evitare il collasso definitivo. Un collasso che la trasformerebbe in una polveriera, crisi umanitaria”. E poi la citazione che il ministro non poteva certo trattenere: “Gli stati falliti sono più pericolosi degli stati canaglia, ci ha ricordato Obama all'Onu”. Presidente che di stati falliti se ne intende certamente.

“Evitare il collasso, quindi lavorare con pazienza, ritessere la sovranità di quel paese. Serve un governo legittimo in grado di riconciliare tutto il paese oggi diviso, capace di riprendere gradualmente il controllo del territorio, prosciugare l'acqua in cui nuota Daesh”. E la soluzione? Lavorare a creare un governo di unità nazionale, “portarlo a Tripoli” e avere il tempo necessario per chiedere l'intervento della comunità internazionale. “E' anche la posizione francese” (che di distruzione della Libia se ne intende). “Con un incontro che avremo con Usa, Regno Unito, Unione Europea, Germania, lavoreremo a quest'obiettivo”. Interlocutori giusti per la ricostruzione di un paese visti i noti successi del recente passato.

E poi arriva il capolavoro di Gentiloni: “In Libia esiste il rischio di un macabro franchesing dell'Isis con le altre formazioni jihadiste. Lo abbiamo visto in altre zone”. Gentiloni non lo dice direttamente ma qui si sta riferendo alla Siria e alla connivenza di obiettivi e strategia di Isis, Al-Nusra e presunti “ribelli moderati”. Quei ribelli che Gentiloni considera come i “nostri” referenti per il futuro della Siria. Un capolavoro.

Ma comunque contro il terrorismo la reazione ci deve essere spiega il ministro. “Dalla minaccia terrorista ci dobbiamo difendere e lo faremo. L'Art. 52 della Costituzione lo prevede”. E ancora: “Lo faremo anche in Libia”. E delle operazioni dell'intelligence con supporto militare, ci tiene a precisare il Ministro, il Parlamento sarà informato attraverso il Copasir. Questo è il massimo di democrazia oggi a disposizione in questo nostro mondo che si crede libero e offre un ministro come Gentiloni in un governo con un primo ministro mai eletto da nessuno che gioca alla guerra.
Per abbattere il mostro ISIS, utilizzato in modo connivente da nostri "alleati" per destabilizzare la Siria, bisogna interrompere le sue linee di approvvigionamento. Ma per farlo bisogna avere il coraggio di andare contro gli "alleati", Arabia Saudita e membri NATO come la Turchia. Il coraggio che Gentiloni non dimostra di avere mai.

Nel suo intervento di risposta a Gentiloni, il deputato del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista, dopo aver definito un intervento armato in Libia come un possibile Vietnam italiano, ha ricordato che forse l'Italia non ha tutta questa intenzione di stanare l'Isis. “Qualcuno si ricorda del Gruppo di Lavoro sul contrasto al finanziamento dell'ISIS (GCFI), di cui l'Italia fa parte, annunciato in pompa magna alla Farnesina nel marzo 2015 con affianco Stati Uniti e Arabia Saudita? Il Ministro Gentiloni perché non pubblica i risultati ottenuti fino ad oggi? Si è forse scoperto che i finanziatori erano all'interno del Gruppo?”, ha dichiarato Di Battista. Se l'obiettivo fosse sconfiggere l'Isis e il terrorismo, si partirebbe da qui. Ma Gentiloni non ha mai detto una parola su questo Gruppo di contrasto all'Isis. Perché secondo voi?

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