L’Ucraina mette al bando altri 13 canali televisivi russi e la democratica Europa tace

di Eugenio Cipolla*
«Risolveremo la crisi politica al più presto. Non ci saranno elezioni legislative anticipate, perché la coalizione parlamentare sceglierà la strada delle riforme e del cammino europeo». E’ un Petro Poroshenko con le idee chiare quello che oggi è arrivato a Bruxelles. Il presidente ucraino è volato nel capoluogo dell’Europa che conta per sostenere alcuni colloqui con Angela Merkel, François Hollande, Jean-Claude Juncker e Martin Schulz. Con quest’ultimo Poroshenko ha discusso anche del caso di Nadia Savchenko, l’ex pilota militare ucraina detenuta in Russia con l’accusa di aver favorito l’uccisione di due reporter russi in Donbass.

Al presidente dell’Europarlamento, il capo di Stato ucraino ha chiesto una moral suasion per convincere l’Ue a varare nuove sanzioni contro la Russia, in modo tale da aumentare la pressione e ottenere la liberazione della Savchenko. L’amministrazione presidenziale ha reso noto di aver trasmesso al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e al presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, un elenco di persone coinvolte in quello che secondo gli ucraini è un processo politico. Le speranze che ciò possa muovere la situazione in favore di Kiev sono davvero poche e, dunque, Poroshenko, almeno in patria, tornerà sventolando un risultato che potrebbe dargli una boccata d’ossigeno in termini di gradimento.
La Commissione Ue infatti proporrà la liberalizzazione dei visti per l'Ucraina ad aprile. Ad annunciarlo è stato proprio Juncker, il quale, subito dopo l’incontro con Poroshenko ha parlato dell’Ucraina di un paese che «negli ultimi giorni e ore, ha intrapreso riforme enormi: dalla legislazione sulle e-dichiarazioni alla costituzione dell'Agenzia anti-corruzione. Questi passi in avanti – ha aggiunto - ci permetteranno come Commissione di fare una proposta per la liberalizzazione dei visti ad aprile». Sempre ieri Bruxelles aveva deciso di stanziare un ulteriore pacchetto di 20 milioni di euro per fornire assistenza umanitaria al paese, dove il processo di riforma, ha tenuto a sottolineare il presidente della Commissione, «è davvero impressionante».
Ma se da un lato l’Ucraina fa passi avanti, almeno a sentire l’Unione Europea, dall’altro ne fa due indietro. Stamattina il Consiglio Nazionale per la trasmissione di Tv e Radio ha deciso l’oscuramente di 13 canali russi, spiegando di aver rilevato programmi che minacciano la sicurezza nazionale del Paese. Non è la prima volta che questo accade. Nell’ultimo anno erano stati 35 i canali di emittenti russi banditi dal paese. Con questa nuova infornata la lista sale a 48.
La decisione fa seguito alla legge approvata il 5 febbraio 2015 dalla Rada che modifica alcune norme relativa alla protezione dei dati radiotelevisivi, dove venivano stabiliti i criteri generali per la definizione dei prodotti che danneggiavano la sicurezza nazionale del Paese. Questi canali, secondo Kiev, sono impegnati nella propaganda russa, distorcendo la realtà e manipolando l'opinione pubblica. Da Mosca per ora non è arrivata nessuna reazione, così come dai vertici Ue, sempre così solerti quando bisogna difendere i diritti dei paesi “amici”, sempre così silenti quando si tratta di paesi “nemici”.

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