Stiglitz: "I mercati sono oggi basati sullo sfruttamento. Il motivo per cui esiste il laissez-faire scompare"

Nel suo ultimo articolo per The Project Syndicate, il Premio Nobel per l'economia J. Stiglitz scrive come per 200 anni l'economia è stata dominata da due correnti di pensiero per la determinazione del reddito: la prima, che proviene da Adam Smith e dagli economisti liberali del diciannovesimo secolo, si concentra sui mercati competitivi. L’altra, cosciente di come il liberalismo di Smith conduce alla rapida concentrazione di ricchezza e reddito, prende come punto di partenza la tendenza dei mercati verso il monopolio.

In Occidente, prosegue Stiglitz, nell’era post seconda guerra mondiale, la scuola di pensiero liberale era dominante. Eppure, mentre la disuguaglianza è cresciuta e le preoccupazioni sono aumentate, la scuola competitiva, vedendo i ritorni individuali in termini di prodotti marginali, è diventata sempre più incapace di spiegare come funziona l’economia. Quindi, oggi, la seconda si sta affermando.

Dopo tutto, prosegue Stiglitz, i cospicui bonus pagati ai Ceo delle banche mentre portano le loro società alla rovina e l’economia sul lastrico sono difficili da riconciliare con la credenza che lo stipendio degli individui non ha niente a che fare con i loro contributi sociali.

Nell’economia attuale, molti settori – telecomunicazioni, Tv via cavo, settori digital dai social media alla ricerca in Internet, assicurazione sanitaria, settore farmaceutico, agroalimentare e molti altri – non possono essere compresi attraverso le lenti della competizione. In questi settori, laddove esiste la competizione questa è oligopolistica, non è la “pura” competizione descritta nei libri. Pochi settori possono essere definiti come “price taking”; le società sono così piccole che non hanno alcun influenza sul prezzo del mercato. L’agricoltura ne è un chiaro esempio, ma gli interventi del governo nel settore sono massicci e i prezzi non sono stabiliti prima dalle forze del mercato.

La quota del mercato dei depositi delle maggiori dieci banche, ad esempio, è aumentata da circa il 20% al 50% in appena 30 anni, dal 1980 al 2010. Le conseguenze sono evidenti nei dati, con la disuguaglianza che sale a ogni livello, non solo tra gli individui, ma anche tra le società. Il rapporto della Cea ha sottolineato che “la società al novantesimo percentile vede un ritorno sugli investimenti nel capitale che è più di cinque volte il valore medio. Questa ratio era più vicina a due appena un quarto di secolo fa”.
Le conseguenze sono profonde, analizza ancora il Premio Nobel. Molte delle supposizioni sulle economie di mercato sono basate sull’accettazione del modello competitivo, con ritorni marginali che sono commisurati ai contributi sociali. Questa visione ha portato l’intervento ufficiale a tentennare: se i mercati sono fondamentalmente efficienti e giusti, persino il miglior governo può fare poco per migliorare la situazione.

Ma se i mercati sono basati sullo sfruttamento, il motivo per cui esiste il laissez-faire scompare. “In realtà, in quel caso, la battaglia contro il potere trincerato non è solo una battaglia per la democrazia; è anche una battaglia per l’efficienza e la prosperità condivisa”, conclude Stiglitz.

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