E l’adesione dell’Ucraina all’Ue scompare nel testo della strategia di politica estera di Bruxelles



di Eugenio Cipolla

A Bruxelles oggi, nella prima riunione dei 27 dopo la batosta del Brexit, non si è parlato solamente dell’abbandono della Gran Bretagna. Durante il vertice Ue si è affrontato anche un altro tema spinoso, sicuramente non paragonabile alla Brexit, ma non meno importante, perché potrebbe contribuire allo sgretolamento dell’Unione Europa: la ratifica dell’accordo di associazione Ue-Ucraina da parte dei Paesi Bassi. Lo scorso 6 aprile, l’Olanda aveva tenuto un referendum consultivo riguardante l’accordo firmato dopo la caduta di Yanukovich, che prevede un importante avvicinamento dell’ex repubblica sovietica a Bruxelles. I risultati avevano dato una risposta netta e chiara: il 61% era contro, il 38% a favore.
La volontà dei cittadini olandesi di respingere l’avvicinamento ucraino ha costretto il governo de L’Aia a rivedere la propria strategia. A distanza di quasi tre mesi, infatti, il premier Mark Rutte e il suo esecutivo non hanno ancora trovato la soluzione per evitare di creare un pericoloso precedente a livello europeo. «Ciò di cui abbiamo bisogno – ha detto oggi al termine della prima giornata di incontri – è una soluzione giuridicamente vincolante, che risolva le numerose preoccupazioni espresse nel dibattito pre-referendum. Ho già detto ai miei colleghi che se non riuscirò a raggiungere questo obiettivo, come Paesi Bassi non firmeremo. Mi sembra abbastanza ovvio».
Parole che hanno irritato molto i burocrati europei. A Bruxelles si aspettavano una risposta definitiva entro la fine di questo mese, così come preannunciato dallo stesso Rutte in una conferenza stampa il 14 aprile scorso, ma al momento la situazione è in una fase di stallo molto pericolosa, in particolare dopo il voto del Brexit, perché rischia di creare una ulteriore spaccatura all’interno dell’Unione. Intanto, in questo contesto di forte incertezza, l’Ucraina resta alla finestra a guardare, nella speranza di compiere passi avanti verso l’integrazione europea. A Bruxelles Poroshenko si è augurato che l’Unione Europa risolva nell’immediato futuro la questione relativa all’assistenza finanziaria in favore dell’Ucraina, ma per adesso Juncker, Tusk e Merkel sono impegnati sul fronte Gran Bretagna.
Non solo, il presidente ucraino ha ricevuto quella che in gergo si può definire una “doccia fredda”. Nel documento della strategia di politica estera dell’Unione Europea, è scomparso ogni riferimento a una possibile adesione dell’Ucraina. Nelle 53 pagine di relazione presentata da Federica Mogherini, l’Ucraina è menzionata solo due volte e non è indicata tra i paesi in procinto di entrata. L’allargamento, secondo quanto si legge, è esclusiva di Turchia e paesi dei balcani occidentali.
«Sotto l’attuale processo di allargamento dell’Unione Europea – dice il documento - si considera un fattore chiave accrescere la forza delle relazioni con i paesi dei Balcani occidentali e della Turchia. Nel quadro della politica europea di vicinato – si scrive, con evidente riferimento all’Ucraina – molte persone vogliono costruire una relazione più stretta con l’Unione europea. E questo può spingere un processo di cambiamento». Processo che però sarà lungo e faticoso e che non vedrà l’Ucraina entrare in Europa almeno fino al 2025. Ammesso e non concesso che nel frattempo lo scontento sociale travolga gli ucraini, portando all’ennesimo rovesciamento degli equilibri di potere, magari in favore di un governo filorusso.

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