La Russia è diventata il perno di una sorta di concerto tra nazioni che sta seppellendo l’ordine unipolare americano. Alberto Negri

di Alberto Negri, Il Sole 24 Ore*

Quanto conta l’asse tra Mosca e Teheran? La risposta sta nel caloroso incontro tra il presidente iraniano Rohani e quello russo Putin, che in vista delle elezioni di maggio a Teheran svolge un po’ anche il ruolo di grande elettore del leader della corrente moderata degli ayatollah: rafforzamento delle relazioni strategiche sulla Siria, la conferma che la Russia potrà usare le basi militari iraniane per missioni in Medio Oriente, un accordo di cooperazione sul gas, l’estensione a Teheran della zona di libero commercio dell’Unione economica euroasiatica.

E poi la benedizione di russi e iraniani alla cooperazione con la Turchia, una sorta di trilaterale che si è instaurata con i negoziati di Astana sulla tregua in Siria. In poche parole Mosca e Teheran hanno sfruttato la debàcle di Erdogan nella guerra siriana, dove ha dovuto rinunciare ad abbattere il regime di Bashar Assad, per stringere un’intesa con un membro storico della Nato che è stato per decenni il bastione anti-russo sul fianco sud-orientale dell’Alleanza atlantica. Si tratta evidentemente del maggiore ribaltamento geopolitico regionale perché la Turchia è stato costretta dagli errori di calcolo di Erdogan a spostare il suo asse verso Est nel tentativo di bloccare l’ascesa dei curdi siriani e l’irredentismo di una consistente minoranza che costituisce il vero incubo strategico di Ankara.

Di questa “trilaterale” inedita, che vede “alleati” una potenza sunnita e lo stato il portabandiera dello sciismo, Mosca e Teheran sono ovviamente i lati forti. Il colpo grosso lo ha fatto l’Iran perché nel 2015 Assad, storico partner di Teheran, era in grande difficoltà e gli iraniani firmavano l’accordo di luglio per la rinuncia al nucleare: con la discesa in campo di Mosca il 30 settembre la repubblica islamica ha tirato dalla sua parte un prezioso alleato alla causa sciita e ha trovato una potenza atomica che difende i suoi interessi in Medio Oriente. La Russia naturalmente ha portato a casa una contropartita notevole: non solo ha rafforzato le sua basi militari siriane ma oggi è diventata un giocatore ineludibile in questo scenario e anche nel Mediterraneo. Tanto è vero che il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è recato a Mosca prima di Rohani per esprimere a Putin i suoi timori sull’espansionismo iraniano.

La Russia è diventata il perno di una sorta di concerto tra nazioni _ cui si può aggiungere la Cina _ che sta seppellendo l’ordine unipolare americano. Non è certo il trionfo della democrazia liberale che sognavano le élite americane ed europee quando tentarono di esportare, fallendo, il loro modello nel mondo arabo. Ma questo protagonismo della Russia e dell’Iran, accompagnate da una Turchia delusa e sempre più ostile all’Europa, non è stato dovuto a un capolavoro strategico di Putin o degli ayatollah ma al cumulo degli errori fatali commessi dall’Occidente.

*Pubblichiamo su gentile concessionde dell'Autore

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