Colombia, il massacro censurato. Ogni 6 giorni viene assassinato un ex combattente


di Geraldina Colotti*


Ormai lo dicono anche i grandi media colombiani: ogni sei giorni, viene ammazzato un ex guerrigliero delle Farc o un famigliare. E in un anno e mezzo sono stati uccisi più di 180 leader sociali. Lo scorso fine settimana è stato eliminato Oscar Arango, nome di battaglia Martin. E' così dal mese di aprile. El Pais cita lo studio “Trochas de Paz y Esperanza”, prodotto sulla base dei dati dell'Istituto Indepaz e della Commissione per i diritti umani del Movimento politico e sociale Marcha Patriotica.

Alcuni giorni sono stati più mortiferi di altri perché hanno fatto registrare fino a sei omicidi di ex combattenti. E' accaduto nelle zone rurali di El Charco e Nariño, alla metà di ottobre 2017. Secondo lo studio, tra il 16 aprile e il 17 agosto di quest'anno sono stati ammazzati 12 ex guerriglieri e 11 famigliari. Cinque omicidi sono stati commessi ad Antioquia. Gli ex combattenti vengono decimati anche nelle Zone di transizione, dove si sono concentrati dopo la firma degli accordi di pace con il governo di Manuel Santos, il 24 novembre del 2016.

Con l'aiuto del Venezuela e di Cuba, le Farc si sono incamminate nell'arduo percorso per portare a soluzione politica oltre cinquant'anni di conflitto armato in Colombia, le cui cause sono tutt'altro che rimosse. Per questo, hanno deciso di trasformarsi in partito politico e ora si presenteranno alle elezioni del 2018 con il nome di Fuerza Alternativa Revolucionaria del Comun. L'acronimo resta Farc e il simbolo una rosa rossa con una stella a cinque punte al centro.

Il candidato alla presidenza è un dirigente storico, Rodrigo Londoño Echeverri, alias Timochenko. Alla vicepresidenza si candida Imelda Daza, ex militante del partito Unión Patriótica, esule per oltre vent'anni in Svezia. Dall'anno scorso, Daza fa parte del movimento politico Voces de Paz, vicino alle Farc, per il quale è stata deputata al parlamento colombiano. Presentando la lista dei candidati, Imelda ha detto: “Io sono sopravvissuta al genocidio della Unión Patriótica, non voglio pensare che questa storia terribile possa ripetersi”.

Negli anni '80, quando le Farc si trasformarono in partito politico a seguito di un precedente accordo di pace, vennero sterminate dai paramilitari e dalle forze governative. Nel 1986, l'Union Patriotica partecipò per la prima volta alle elezioni e ottenne il risultato più alto mai raggiunto nella storia dei partiti della sinistra democratica: 5 senatori, 9 parlamentari, 351 consiglieri comunali e 23 municipi. Nel 1988 era già diventata la terza forza politica del paese. Un affronto insopportabile per le oligarchie.

Inizia allora uno sterminio pianificato. Vengono ammazzati 2 candidati alla presidenza della repubblica, 7 senatori, 13 deputati, 11 sindaci, 69 consiglieri e oltre 3.000 dirigenti e militanti di base. Più di 1000 gli scomparsi, una ventina di attentati alle sedi politiche, circa 15 massacri, attentati alle libertà di stampa, migliaia di sfollati e torturati... La storia adesso si ripete?

Le elezioni per il rinnovo di Camera e Senato, in Colombia, si celebreranno a marzo del 2018, mentre il primo turno delle presidenziali ci sarà a maggio. Intanto, proseguono in Ecuador le trattative tra governo e Eln, la guerriglia guevarista, la seconda del paese.

Le Farc presenteranno i propri candidati anche a deputati e senatori. Se verranno eletti, si aggiungeranno ai 10 seggi ai quali – secondo gli accordi di pace – avranno diritto per i prossimi 8 anni. I candidati al Senato sono l'ex comandante Ivan Márquez, Jorge Torres (alias Pablo Catatumbo), Julián Gallo (Carlos Antonio Lozada), Judith Simanca (Victoria Sandino), Sandra Ramírez e Benkos Biojó. Alla Camera, le Farc si presentano nei dipartimenti di Antioquia, Valle del Cauca, Atlántico e Santander, mentre nelle altre regioni del paese appoggeranno candidati di orientamento affine e disposti a impegnarsi per concretizzare gli accordi di pace.

Le Farc propongono riforme strutturali per “riorientare il modello economico” e rispondere alle esigenze più urgenti della popolazione. Intanto, denunciano il doppio discorso del governo Santos. Più che a risolvere i problemi in casa propria, Santos sembra però più impegnato a mettere il naso in quelli altrui, e a straparlare di diritti umani e democrazia in Venezuela. Ha anche criticato il simbolo delle Farc: “Avrebbero dovuto cambiare nome”, ha detto.
Nel corso del 2017, l'Esmad – il corpo armato di polizia – ha attaccato e ferito oltre 1.900 persone durante manifestazioni e scioperi petroliferi e minerari nelle zone di Chocó, Buenaventura, Segovia e Meta, durante proteste contadine nel Catatumbo e Tumaco, nelle mobilitazioni del Cauca, Nariño e Huila, e in quelle indigene (Mingas Nacionales).

Su tutto questo, gli attivisti colombiani della Redher hanno indirizzato una lettera aperta “al Premio Nobel de la Paz” Manuel Santos. Una lettera che è anche una petizione, reperibile a questo link: https://secure.avaaz.org/…/Presidente_de_Colombia_Juan_Man…/

*Post Facebook del 5 novembre 2017. Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autrice

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