Ahed, l’inferno dei ragazzi palestinesi



di Lorenzo Palmisciano - Contropiano


Ricordate Ahed Tamimi? Ahed è una ragazza palestinese, ha sedici anni e vive a Nabi Saleh, e nei mesi scorsi è diventata un caso internazionale, dopo che l’esercito israeliano, il 19 dicembre scorso, aveva deciso di arrestarla. Ahed, infatti, qualche giorno prima aveva preso a schiaffi due soldati, entrati in casa sua a poche ore dal ferimento di Mohamed, suo cugino, cui l’esercito aveva fratturato il cranio con un proiettile di gomma. La forza di una ragazzina, sedicenne, a mani nude, contro due militari armati di fucili M16 e ben protetti da giubbotti antiproiettili ed elmetti.


Tale dev’essere stato lo spavento che i due poveri militari hanno provato, che due giorni dopo si è deciso di arrestare la pericolosa Tamimi. Non solo, dopo l’arresto di Ahed l’esercito è tornato per fermare anche la madre e la cugina. Un esempio, l’ennesimo, della ferocia con cui Israele porta avanti la propria politica colonialista. Una ferocia tale da non guardare in faccia a nessuno, nemmeno a una ragazzina.





In questi mesi, Ahed è rimasta rinchiusa nella prigione di Ofer dove, come tutte le migliaia di minori palestinesi imprigionati nelle carceri israeliane, è a rischio di violenze e maltrattamenti che si aggiungerebbero ai traumi psicologici provocati dalle modalità dell’arresto e dalla detenzione. Due giorni fa, alla fine, è arrivata la sentenza: 8 mesi di detenzione. Tamimi ha ammesso di essere colpevole per quattro delle dodici imputazioni a suo carico, ed ha patteggiato la pena, temendo conseguenze peggiori. Anche Nariman, la mamma, e Nur, la cugina di Ahed, hanno scelto di patteggiare. Nariman dovrà scontare 8 mesi come la figlia, mentre Nur è stata condannata ad una pena già scontata.


L’avvocato di Ahed, Gaby Lasky, ha spiegato che il patteggiamento era l’unica soluzione per limitare la pena che sarebbe stata inflitta alla ragazza. Tamimi, infatti, è stata processata in un tribunale militare, e – spiega Lasky – il sistema legale israeliano previsto per i palestinesi «non assicura che sia fatta giustizia». L’avvocato ha anche spiegato che con ogni probabilità Ahed sarà libera già in estate, avendo scontato gran parte della pena in attesa della sentenza definitiva.





Che la giustizia non sia uguale per tutti, in particolare se si è palestinesi in tribunali israeliani, è confermato dall’ultimo rapporto della ong (israeliana) B’Tselem, secondo cui i minori palestinesi, nei tribunali come quello che ha processato Ahed, sono condannati addirittura nel 95% dei casi.

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