Omagio a Naji Al Ali, che ora avrebbe 80 anni



di Patrizia Cecconi

Quest’anno sarebbe il suo ottantesimo anno di vita se una pallottola non lo avesse raggiunto alla tempia il 22 luglio del 1987 lasciandolo in coma fino alla morte avvenuta il 29 agosto. Ma la sua creatura, Handala gli è sopravvissuta. Se Naji Al Ali non fosse stato colpito quel giorno, a Londra, chissà quante altre amarezze Handala avrebbe raccontato, costretto a dar sempre le spalle al lettore.
Il nome che il disegnatore scelse per il suo personaggio non fu casuale, perché qui, in terra palestinese, handala è il simbolo di ciò che di più amaro ci possa essere ed è anche il nome di un frutto non commestibile e amarissimo usato da millenni in medicina per la cura del diabete.

Aveva scelto bene il nome della sua creatura Naji Al Ali, il bambino stracciato e scalzo che rappresentava l’amara situazione della sua terra.

Quel suo dare le spalle era riferito ai fratelli arabi che avevano tradito la Palestina. Tradita o per poco interesse alle sofferenze del suo popolo, o per troppo interesse agli affari con i suoi nemici. E’ così che lo immagina anche Ismail Al Bozom, cartoonist di Gaza il cui desiderio più grande, ripetuto in ogni occasione e rappresentato spesso nelle sue vignette, è il raggiungimento della pace. Non certo quella di cui parlava Tacito e che ripeté Vittorio mentre viveva una delle più dolorose e criminali vicende contro il popolo di Gaza nel 2009. Non la pace dopo aver fatto un deserto, ma la pace che arriva finalmente camminando sulla strada della giustizia.
Questo scrive Ismail Al Bozom accompagnando la sua vignetta in omaggio al grande Naji Al Ali.

In un momento delicato come questo, con una tregua vacillante tra la Striscia di Gaza e Israele, con i droni che te ne ricordano la precarietà ronzandoti sulla testa; con Trump che sventola il suo volgare “affare del secolo” minacciando di ritirarlo come fosse un regalo e non una proposta ignobile; con la Knesset che ha appena approvato una legge che trasforma anche giuridicamente Israele in quello che di fatto già è: uno stato di apartheid su base etnico-religiosa; con i superfalchi fascisti del governo fascista di Netanyahu che scalpitano per assestare il colpo che ritengono finale a Gaza; con l’IOF che invade le strade della Cisgiordania seminando violenza, odio, arresti arbitrari e omicidi odiosi degni del Cile di Pinochet.

In un momento come questo, col progetto di “riconciliazione” tra Hamas e Fatah che stenta a prendere corpo e che il popolo palestinese auspica, sia a Gaza che in Cisgiordania, ecco, in questo momento le parole di Naji Al Ali al giornalista che lo intervistava poco prima che venisse ucciso sembrano un’indicazione di grande attualità.

Il suo intervistatore gli chiese per quale fazione disegnasse, visto che i suoi disegni erano delle vere sintesi politiche. Naji al Al i rispose “disegno per il popolo palestinese”. Correva l’anno 1987. Sono passati 31 anni e il suo messaggio sembra attualissimo e necessario. Addirittura più attuale oggi di allora.

Nonostante la sfaldamento che la frattura Hamas-Fatah ha portato nel tessuto sociale, sono in molti a pensare che il popolo palestinese debba essere al di sopra delle spaccature tra i suoi diversi leader politici. La grande marcia del ritorno ne è una prova. Le parole di tantissimi palestinesi ascoltate nelle più diverse situazioni ne sono un’altra prova.

Handala è lì, seduto in cima al cavalletto e aspetta che il disegnatore finisca il suo lavoro. Un messaggio per il popolo palestinese, non per una particolare fazione politica. Perché la pace, quella vera, è un beneficio di cui questo popolo è privato da troppo tempo e di cui sente assoluto bisogno. E la pace non arriverà certo da Israele se la Palestina non saprà opporre al suo nemico un ampio fronte che raccolga l'intero popolo palestinese.

Questo Naji Al Ali lo aveva chiaro già allora e oggi, a 31 anni dal suo omicidio, sembra un messaggio che i palestinesi tutti non possono più ignorare.

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