La solita strategia del NYT: Attaccare la Cina per colpire la nuova sinistra "populista" americana



di Francesco Erspamer*



In America è nata una nuova sinistra populista che invece di preoccuparsi esclusivamente dei diritti civili ha cominciato ad affrontrare i reali problemi della gente ordinaria e in particolare della classe media impoverita. Chiede una vera riforma sanitaria, per esempio, che crei un sistema pubblico di assistenza. Ovvio che alle multinazionali la cosa non piaccia: è un affare da 3mila miliardi di dollari, che finora hanno gestito in maniera totalmente privatistica, per far soldi, tanti tanti soldi. E allora entra in scena il New York Times: che però non può apertamente schierarsi dalla parte degli squali della finanza (quel ruolo lo giocano il Wall Street Journal e Fox News) e allora cosa fa?


Sbatte in prima pagina un ampio servizio sui problemi della sanità in Cina: lunghe file, corruzione, dice; esattamente gli slogan che usava negli anni sessanta e settanta per criticare l'Unione Sovietica e convincere gli americani che combattere in Vietnam significava difendere i loro supermercati pieni di prodotti e il piacere del consumismo compulsivo. Neanche una parola sul fatto che la Cina è ancora un paese povero, con ha un reddito pro capite quattro volte inferiore agli Stati Uniti (e la metà di quello italiano). Perché invece non fare un servizio sulla sanità in Danimarca, Gran Bretagna, Germania, Giappone, anche Italia?


Non è dunque la stampa italiana; è la stampa liberista, ovunque. E perché stupirsi? La si è deregolamentata e si permette che si mantenga non grazie alle vendite dei quotidiani o agli abbonamenti degli utenti ai canali televisivi o ai siti online bensì attraverso la pubblicità: perché non dovrebbe fare gli interessi delle multinazionali che la pagano e la ricattano?


E i fessi abboccano, gli piace avere servizi gratis, anzi li pretendono, e nemmeno dallo Stato (il che comporta tasse, non sia mai, neppure per i milionari), no, li vogliono gratis dai privati, meglio se stranieri, senza accorgersi che i servizi gratis costano infinitamente di più in termini di favori (fiscali e non) fatti ai ricchi e alle megacorporation, oltre che di corruzione. La democrazia e il buon governo, così come la conoscenza, hanno un prezzo: richiedono impegno, partecipazione, continua vigilanza; pretenderle senza fare nulla, come doni dei potenti, non è neanche ingenuità: è complicità, la patetica complicità dei servi con i loro padroni.


*Professore all'Harvard University. Post Facebook del Primo ottobre

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