Gerhard Schroeder, ex cancelliere della Germania, in un'intervista, ha criticato gli Stati Uniti per la loro politica commerciale, dicendo che il suo paese "non può sopportare di essere trattato come un paese occupato".

"Quando guardo le azioni dell'ambasciatore statunitense in Germania, ho l'impressione che si consideri più un ufficiale di occupazione che un ambasciatore degli Stati Uniti in uno stato sovrano", ha dichiarato l'ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder al quotidiano Die Welt.

L'ex cancelliere ha invitato i politici tedeschi a cercare alleati con interessi simili e ha nominato la Cina, particolarmente colpita dalle recenti restrizioni commerciali statunitensi, come uno dei candidati.

"È inevitabile che le persone colpite dai conflitti indotti dagli Stati Uniti si spostino l'una verso l'altra. Non possiamo giocare con la guerra commerciale degli Stati Uniti contro la Cina, ma dobbiamo perseguire risolutamente i nostri interessi di esportazione nel mercato cinese", ha spiegato Schroeder, avvertito il governo tedesco dal non chiudere le porte agli investitori cinesi.

Parlando all'agenzia Reuters nel suo ufficio a Berlino, l'ex leader socialdemocratico tedesco ha affermato che gli investitori cinesi sono preferibili alle "locuste" americane.

Schroeder ha respinto l'ondata di scetticismo nei confronti della Cina che attraversa le capitali occidentali.

"Dobbiamo pensare a chi sono i nostri alleati, chi ha interessi simili. E ovviamente penso alla Cina", ha precisato.

Ha lamentato, inoltre, l'esclusione di aziende cinesi come Huawei dalla costruzione di reti mobili tedesche di prossima generazione. Gli Stati Uniti e l'Australia hanno introdotto tali divieti con motivazioni simili sulla sicurezza, e alcuni a Berlino stanno spingendo per un'azione simile.

Schroeder fu un fiero oppositore della guerra degli Stati Uniti contro l'Iraq nel 2003, anche se il suo governo fu il primo, dalla Seconda guerra mondiale, che condusse la Germania ad attaccare militarmente uno stato sovrano, la Jugoslavia, nel 1999, per la questione del Kosovo.