Palestina. La vendetta delle madri



Non aveva ancora 18 anni Mahmoud Nakhle quando la peggior feccia nazistoide con stella azzurra sulla divisa gli ha sparato alle spalle colpendolo al fegato. Succedeva otto giorni fa nel campo profughi di Jazalun vicino Ramallah, ma ne scriviamo oggi perché non è pura notizia di cronaca e non sparisce con l’arrivo della notte. Ovviamente il ragazzo era disarmato, esattamente come i tanti che vengono uccisi più o meno quotidianamente dagli stessi militari di uno Stato che contro ogni evidenza ha l'ardire di definirsi, e la vergogna di essere definito, Stato democratico.



Ma in questo caso alcuni rappresentanti di quella feccia in divisa hanno aggiunto – e per questo ne scriviamo sebbene non sia una rarità – una dose di crudeltà gratuita, ancor più gratuita dello stesso colpo alle spalle, cioè si sono divertiti a trascinarlo, moribondo, su è giù per la strada dopo averlo semi-denudato per mortificarlo durante l'agonia.

A una donna che fingendosi sua madre li invocava "nel nome di Dio" - nel nome di Dio! ma quale Dio? - di far venire un'ambulanza, hanno sparato per tacitarla. Hanno anche inseguito coi fucili puntati l'ambulanza per non far compiere ai soccorritori il loro dovere umano e professionale poi, quando ormai il dissanguamento rappresentava una garanzia di morte, hanno lasciato caricare il ragazzo in barella per essere portato in ospedale dove sarebbe arrivato ormai senza speranza, esattamente come questi sadici militari dello Stato ebraico avevano deciso arrivasse.



C'è il video girato da una finestra che mostra il sadismo criminale di questi soldatucoli figli dell'odio sionista. C'è la presa di posizione di un giornalista ebreo israeliano (G. Levy) che racconta e condanna; c'è anche la presa di posizione dell'associazione israeliana B’Tselem che racconta e condanna a sua volta, ma tutto questo non deve creare illusioni: non è la prima volta e non sarà l'ultima che i militari dell'esercito di occupazione commettono un simile crimine con scioccante, divertita ferocia.



Ieri, in un altro angolo di Palestina, nella Striscia di Gaza sotto illegale assedio, altri elementi dello stesso esercito, detto “di difesa” ma in realtà di occupazione, stavolta tiratori scelti assoldati esplicitamente per colpire chi chiede il rispetto di alcune Risoluzioni Onu, hanno ucciso altre quattro persone oltre a ferirne circa quaranta tra cui un infermiere che prestava soccorso, e un fotoreporter che documentava i fatti. Questi si chiamano crimini di guerra, ma Israele uber alles è al di sopra delle leggi umane, internazionali o sovranazionali che siano.



Anche tra i colpiti di ieri ci sono due ragazzini, uno è morto oggi per le ferite all'addome prodotte, probabilmente, dall'uso di proiettili ad espansione, ovviamente vietati ma altrettanto ovviamente usati dai militari dello Stato ebraico senza che scatti alcuna sanzione per condurlo al rispetto del Diritto internazionale.



Chi scrive, per caso voluto dalla natura, è donna ed è anche madre. Chi scrive ha visto da vicino il dolore di diverse madri palestinesi cui era stato strappato un figlio, a volte il secondo o il terzo. Chi scrive ha più volte espresso le sue perplessità circa l'efficacia di marce tutte peace and love di donne israeliane di buona volontà cui si sono aggiunte donne palestinesi "invocando" il governo Netanyahu di essere umano e sospendere le illegalità contro i palestinesi.



Chi scrive, portando per un attimo il suo essere madre all'interno della cronaca, pensa che se Mahmoud, il ragazzo seviziato dopo essere stato colpito, fosse stato suo figlio non avrebbe pianto, né si sarebbe mai unita ad altre donne che implorano i criminali di essere un po' meno criminali.

Chi scrive avrebbe chiesto vendetta. Avrebbe provato a organizzare tutte le donne cui è stato ucciso uno o più figli "gratuitamente" e avrebbe organizzato un vero programma di vendetta. La vendetta non significa necessariamente occhio per occhio dente per dente, sia chiaro. Ma non si vengano nemmeno a proporre proverbi sciocchi del tipo "la miglior vendetta è il perdono", ché questi sono a servizio di chi seguita a opprimere e mirano solo a fiaccare la giusta ira di chi è oppresso.



Se le madri palestinesi si organizzassero veramente, senza marcette vestite di bianco o di nero e senza obbedienza ai vari leader o pseudo-leader sia in Cisgiordania che a Gaza, ma con la determinazione e la capacità di programmare azioni di nobile vendetta per i loro figli uccisi e imprigionati, forse quel che non è riuscito all'Onu, né ad alcun organismo di giustizia sovranazionale, né alle varie formazioni politiche palestinesi, a loro riuscirebbe.



Le madri di Plaza de Mayo in Argentina si seppero organizzare sotto una delle più feroci dittature, le madri palestinesi non sarebbero da meno.

Non si tratta di vendicarsi uccidendo i figli delle madri israeliane, ma si tratta di trovare il modo di bloccare le mani assassine di quei figli e figlie vestiti da militari e armati sia di odio che di fucili. Questo fermerebbe anche la violenza dei fuorilegge ebrei che vivono illegalmente negli insediamenti costruiti su territorio palestinese e in più occasioni condannati, ma solo verbalmente e quindi a vuoto dall’Onu.



Forse il mondo non sarà salvato dai ragazzini, come sognava e scriveva Elsa Morante, ma la Palestina potrebbe essere salvata dalle madri di quei tanti ragazzini che Israele ammazza o imprigiona.



Patrizia Cecconi

Roma, 22 dicembre 2018

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