di Omar Minniti
Premessa doverosa: anch'io ho partecipato - come lavoratore - a diverse manifestazioni contro l'ultra-liberista "legge della schiavitù" imposta dal governo Orban, che quasi raddoppia il tetto degli straordinari, li rende di fatto obbligatori e permette ai padroni di liquidarli nell'arco di 3 anni. Ed ho criticato la scelta del Partito Operaio ungherese (comunista) di snobbare la mobilitazione che, sebbene egemonizzata dagli euroinomani, ha visto in piazza - soprattutto nelle prime giornate - migliaia di lavoratrici e lavoratori, a cominciare dai metalmeccanici.
Ho letto molti articoli sui media italiani, anche riconducibili alla sinistra più o meno radicale, sulle proteste in Ungheria. Quasi tutti omettono di parlare dell'estrema eterogeneità del movimento di protesta contro la suddetta legge.
L'analisi più gettonata era: "il popolo magiaro si ribella al dittatore Orban e chiede più libertà e diritti". Ovviamente, il 95% di chi ha scritto quelle riflessioni lo ha fatto dal calduccio di casa sua o di una redazione, senza aver messo piede a Budapest. Perché, se fosse venuto qui, non gli sarebbe sfuggita la macedonia di posizioni differenti e finanche opposte presenti in piazza. I militanti "socialisti" e di alcune piccole formazioni della sinistra anticapitalista assieme a quelli di Jobbik e di sigle di ultradestra. Attivisti Lgbtq e delle Ong del circuito di Soros fianco a fianco con gli ultras ungaristi del Ferencváros. Emblemi della Ue esibiti mentre a pochi metri campeggiava la mappa della Grande Ungheria pre-Trianon.
La foto che pubblico è del 5 gennaio. Ma è solo una delle tante che potete scovare sulla rete. Evidenziate dai cerchietti potete ammirare, da sinistra: la bandiera biancorossa di Arpad, cara agli ultranazionalisti nostalgici di Horthy (se non delle Croci Frecciate); il vessillo onnipresente dell'Unione Europea; la nutrita delegazione di Jobbik, partito che ha avuto una sorta di "Fiuggi" ma che fino ad un paio di anni fa vantava perfino un'organizzazione paramilitare, la "Guardia Magiara"; le bandiere del Partito "Socialista" (tra virgolette).
Se in Italia, o in qualsiasi altro paese del continente, qualcuno avesse messo in piedi un simile miscuglio di visioni politiche, magari per protestare contro l'Ue, l'euro e le politiche di austerità, oppure per dire no alla Nato ed alle ingerenze imperialiste nel Medio Oriente, dopo quanti secondi sarebbe scattata la puntuale e sempre più gettonata accusa di rossobrunismo? Ok, l'abbiamo capito: come già visto in Ucraina ed in America Latina, si può civettare con la destra estrema solo se si è liberal o radical, se "ce lo chiede l'Europa" (anche quando è quest'ultima - o meglio, la Germania - ad imporre leggi liberiste, come nel caso ungherese), se serve a mettere in difficoltà il leader "populista" di turno e c'è la benedizione di qualche filantropo miliardario.
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