Germania: ha una base materiale la polarizzazione elettorale nei territori della ex DDR?



di Fabrizio Poggi

Con il titolo “La disparità della Germania”, Markus Drescher ha pubblicato nei giorni scorsi un servizio su Neues Deutschland a proposito dell'eclatante divario economico che non accenna a diminuire tra est e ovest del paese, anche trent'anni dopo la declamata “unificazione” tedesca.


E' sufficiente prendere un qualsiasi villaggio in Meclemburgo o in Pomerania Anteriore, scrive Drescher: secondo le “coordinate di disuguaglianza” del Leibniz-Institut di economia di Halle (IWH), quei villaggi riuniscono tutti i fattori negativi: in quanto campagna, sono messi peggio delle città, trovandosi a nord stanno peggio che al sud e, trovandosi a est...


Ora, dicono al IWH, “responsabile della disparità tra est e ovest è soprattutto la più bassa produttività” che, secondo lo studio, nella Germania dell'est si attestava nel 2017 “intorno al 82% della media della Germania occidentale. Nessun Land orientale raggiunge il Land di quella occidentale con la minore produttività, cioè il Saarland”.


Non è finita: anche il "divario di produttività tra la Germania meridionale e settentrionale" è molto inferiore a quello ovest-est. Come è noto, i tedeschi dell'ovest non amano la parola “annessione”; sta di fatto che, ancora nel 2016, 464 delle 500 top-aziende tedesche avessero la sede centrale a ovest, con la conseguente mancanza, a est, di strutture di ricerca e sviluppo. Altra conseguenza: confrontando società delle stesse dimensioni, si rileva un divario di produttività di almeno il 20%.


Dunque, ancora un anno fa (ma le cose non sembrano particolarmente cambiate, stando anche alle scelte elettorali) due abitanti su tre della Sassonia si vedevano, in quanto cittadini dell'ex Germania Est, come persone di “seconda classe”. Tale valutazione riguardava l'84% degli elettori di AfD. In base a un sondaggio del quotidiano "Sächsische Zeitung", la pensava così anche il 70% degli over-65 e dei giovani dai 18 ai 29 anni; si scendeva un po', al 60%, nella fascia di età 30-45 anni. Il sociologo Gerd Pickel sottolineava come simili opinioni avessero “un elevato consenso negli anni '90, ma è soprattutto rimarchevole la loro stabilità”.


Molti sassoni lamentavano “un deficit di riconoscimento", notava Pickel; non tanto come problema individuale, quanto come questione della ex Germania dell'Est nel suo insieme: “una miscela di esperienze sociali sfavorevoli, senso di svalutazione delle identità precedenti, sensazione di rifiuto da parte dell'Ovest e di molti dei suoi cittadini".


Da qui, ancora su Neues Deutschland, Jana Frielinghaus scriveva un mese fa che non desta meraviglia se i sondaggi danno i tedeschi dell'est ”più scettici verso la democrazia” rispetto a quelli dell'ovest. Soprattutto, molto più scettici rispetto al capitalismo. Per un sondaggio commissionato dal conservatore Frankfurter Allgemeine Zeitung, alla domanda "Pensa che la democrazia che abbiamo in Germania sia la migliore forma di governo?", pare abbia risposto in maniera affermativa il 42% a est e il 77% a ovest; il 23% a est e il 10% a ovest ritiene che esista una "alternativa superiore". Alla domanda se ritengano che esista “un sistema economico migliore dell'economia di mercato?", ha risposto negativamente il 48% a ovest e il 30% a est; indecisi, rispettivamente il 43 e il 56%. Ancora: 2/3 a ovest, ma solo la metà a est pensa che diritti come la libertà di espressione siano efficacemente tutelati, i tribunali siano indipendenti e a tutti sia garantita l'uguaglianza di fronte alla legge. Inoltre: il 26% dei tedeschi occidentali e il 52% degli orientali è convinto che l'origine di "nuovi" o "vecchi" stati federali sia una delle "linee di divisione più importanti della Germania". Riguardo alle preferenze politiche, pare che a est ci sia molto meno consenso per CDU/CSU, SPD, FDP e Verdi, e di più per i partiti di sinistra, da una parte, e AfD, dall'altra. Quest'ultimo può oggi contare sul 21% nei "nuovi" Land e sul 9% a ovest. Die Linke è attualmente al 17% a est e al 7% a ovest, il che, osservava la Frielinghaus, corrisponde a un significativo movimento al rialzo nel territorio della vecchia Repubblica Federale e a un calo a est, dove aveva superato il 20%.


Sempre in base al sondaggio della FAZ, molti tedeschi dell'est si sentono tuttora estranei nella “propria casa”; estremamente sottorappresentati in politica ed economia: nei consigli di amministrazione delle maggiori società, la quota di tedeschi dell'est è addirittura inferiore a quella delle donne. “Persino 30 anni dopo l'annessione della Repubblica democratica alla Germania” constata Frielinghaus, i tedeschi dell'ovest occupano “più del 90% dei posti nel sistema giudiziario e amministrativo. Nei nuovi Land, sono dell'ovest tutti i presidenti delle corti amministrative, dei tribunali statali e del lavoro e le corti fiscali”.


L'attecchire degli slogan della destra viene spesso sbrigativamente spiegato come conseguenza tardiva della "mancanza di libertà" nella DDR; ma non sarebbe fuor di luogo, osserva l'ex organo della SED, mettere nel conto gli sconvolgimenti economici degli ultimi decenni, primo fra tutti quanto fatto dalla Treuhandanstalt, l'Ente per la privatizzazione delle industrie di stato della ex DDR e le forti discriminazioni su salari, stipendi e pensioni.


Giustamente, la giornalista non manca di evidenziare come nel sondaggio della Frankfurter Allgemeine Zeitung, il termine "democrazia" sia bellamente usato quale “sinonimo di parlamentarismo borghese, sebbene la maggioranza dei deputati e dei ministri agisca principalmente nell'interesse dei potentati economici e non della maggioranza degli elettori. Allo stesso tempo si parla di "economia di mercato", vale a dire di parità di concorrenza, quando in realtà i mercati decisivi sono dominati da pochi monopolisti.

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