Alberto Negri - In Libia la nostra politica estera è da bosco e da riviera



di Alberto Negri* - Il Quotidiano del Sud



Giornali diversi come Foglio e Manifesto giungono alla stessa conclusione: Emirati Arabi Uniti e sauditi stanno armando il generale Haftar mentre Sarraj è volato a Milano per parlare con Salvini, l’uomo “forte” di questo governo. Sarraj vorrebbe la garanzia che ci schieriamo contro Haftar ma l’Italia cerca di mantenere il piede in due scarpe.

Giornali diversi come il Foglio e il Manifesto giungono alla stessa conclusione: Emirati Arabi Uniti e sauditi stanno armando e finanziando il generale Haftar mentre Sarraj è volato a Milano per parlare con Salvini, l’uomo “forte” di questo governo. Sarraj vorrebbe la garanzia che ci schieriamo contro Haftar ma l’Italia cerca di mantenere il piede in due scarpe.



Intanto la Turchia, che con il Qatar appoggia Sarraj e le fazioni islamiste di Tripoli anti-Haftar, è ai ferri corti con gli Emirati che aggirano l’embargo sui rifornimenti di armi al generale.


La posizione italiana è quella del pendolo e neppure i sovranisti riescono a sciogliere i nodi della nostra ambigua politica estera intrappolata in Libia _ dove abbiamo affari strategici con l’Eni e la pipeline del Green Stream _ in un’altra guerra per procura.


La prima guerra nel 2011 è è stata condotta da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti per far fuori Gheddafi, la seconda, cui stiamo assistendo adesso, si svolge soprattutto tra Paesi musulmani. La Turchia e il Qatar sono con i Fratelli Musulmani di Tripoli, sauditi ed Emirati, con l’approvazione dell’Egitto, vorrebbero farli fuori. Francia e Russia speravano che Haftar riuscisse a conquistare rapidamente Tripoli ma ora che è in difficoltà si trovano in posizione di stallo mentre gli Usa di Trump sono favorevoli ad Haftar, cittadino americano e alleato delle monarchie del Golfo, i maggiori clienti di armamenti di Washington. Tanto è vero che i cannoni anti-carro trovati in Libia in mano alle truppe di Haftar provengono da una fornitura americana agli Emirati.


Quanto sia al limite la posizione italiana si è verificato anche con la recente visita in Italia e dal Papa del ministro degli Esteri degli Emirati Gargash. Dobbiamo obbedire anche a una “pulce” come gli Emirati e allo stesso tempo non scontentare il suo nemico, il Qatar, un’altra pulce cui però abbiamo venduto miliardi di navi ed elicotteri.



C’è un passaggio nelle interviste lasciate dal ministro degli Emirati che lascia di stucco, sia su di lui che sul nostro governo. In poche parole Gargash dice che gli Emirati _ minuscolo Emirato che però spende 22 miliardi l’anno per la difesa (quasi come l’Italia) _ hanno sostenuto in Libia il generale Haftar ma che sono contrari a un attacco americano all’Iran, dirimpettaio nel Golfo degli sceicchi. Il ministro in pratica dice che si può fare la guerra nel cortile di casa nostra e lontano dall’Emirato ma non la si deve fare in casa sua perché altrimenti si rischia un disastro. Interessante punto di vista che nessuno ha avuto il coraggio di contrastare forse perché l’Italia nel 2018 ha esportato negli Emirati arabi uniti circa 220 milioni di euro di armamenti e bombe destinate come in Arabia Saudita a essere usate in Yemen.


E’ chiaro anche a un orbo che della politica estera italiana non ti puoi fidare. Nel 2011 abbiamo persino bombardato Gheddafi, il nostro maggiore alleato nel Mediterraneo con cui sei mesi prima avevamo firmato accordi miliardari e intese su sicurezza e migranti. Adesso _ e non da oggi _ manteniamo affari e buone relazioni diplomatiche con Paesi che sono nemici dei nostri alleati come Sarraj. Neppure il più sprovveduto dei politici arabi si potrebbe fidare di noi.


Anche con l’Iran ci siamo comportati più o meno alla stessa maniera. Nel 2015 il presidente Rohani venne in Italia per firmare un memorandum d’intesa da 30 miliardi di euro e l’Italia è ancora il maggior partner commerciale europeo di Teheran. E noi cosa abbiamo fatto? Salvini è andato negli Usa per allineare la posizione dell’Italia con quella degli Stati Uniti a favore di altre sanzioni. Certo anche Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia hanno le loro ambiguità: ma decidono del loro destino, noi no, facciamo i camerieri di tutti seguendo gli interessi contingenti. Dopo la caduta di Gheddafi, la maggiore sconfitta del Paese dalla seconda guerra mondiale, le nostre storiche difficoltà sono diventate ancora più evidenti. Diciamola tutta: siamo da bosco e da riviera.


*Ripubblichiamo su gentile concessione dell'Autore

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