Elezioni in Tunisia: vince l'indipendente Kaies Saied



di Francesco Fustaneo

La Tunisia costretta al ballottaggio per le presidenziali a scegliere tra la padella e la brace, elegge in massa il candidato indipendente Kaies Saied, professore di diritto costituzionale, conservatore, sostenuto in questa fase anche da Ennahda (Movimento della Rinascita) il partito islamista che al primo turno non era riuscito a far eleggere il proprio candidato. Saied raccoglie più del 75% per cento delle preferenze dopo la sorprendente vittoria al primo turno con il 18,7 per cento dei voti. Surclassato dunque lo sfidante Nabil Karoui, businessman assai popolare in Tunisia (è proprietario della principale televisione privata del Paese, Nessma tv), uscito mercoledì scorso dal carcere dopo sette settimane di custodia cautelare per le accuse di riciclaggio ed evasione fiscale.


Entrambi i contendenti erano considerati degli outsider rispetto ai candidati dei partiti tradizionali; a votare sono stati più del 50% degli aventi diritto.


Il 6 ottobre scorso si erano invece tenute le elezioni legislative che avevano premiato Ennahdha che, con 52 seggi su 217, è diventato il partito di maggioranza relativa, seguito da Qalb Tounes, il partito di Nabil Karoui, che ha ottenuto 38 seggi.


In terza posizione il partito Attayar (Corrente Democratica) con 22 seggi, quarta la coalizione islamista Al Karama con 21 seggi, seguita dal Partito desturiano libero di Abir Moussi con 17 seggi, dal Movimento del Popolo (16), da Tahya Tounes (14), Machrou3 Tounes (4) e dalle altre liste indipendenti e minori con 33 seggi.


Ritornando alle elezioni presidenziali, Saied dicevamo, è una figura politica ultraconservatrice: si professa musulmano ma non islamista. Soprannominato “Robocop” per il suo modo robotico di parlare in arabo privo di inflessione dialettale, in luogo del più popolare tunisino, in più di un'occasione ha dichiarato di volere ripristinare la pena di morte, di essere contrario alla depenalizzazione dell'omosessualità che considera un costume estraneo alla società tunisina e al progetto di legge sulla parità uomo-donna in tema ereditario. Ha pubblicamente affermato di volere riforme economiche che non siano né socialiste né di stampo capitalista mentre a chi paventava possibilità di chiusure verso l'esterno ha ribattuto che la "Tunisia rimarrà aperta e nessuno sarà escluso".


Tra i punti principali della sua campagna politica, la lotta alla corruzione: ha dichiarato che una volta eletto non avrebbe usufruito dello "sfarzoso palazzo di Cartagine", ma sarebbe rimasto a dormire nella propria abitazione.


Saied ha saputo conquistare consenso, secondo gli analisti, proprio puntando sulla sua estraneità ai partiti politici e ai palazzi del potere additando privilegi e corruzione, assai dilaganti in Tunisia, conquistando gradualmente la fiducia della gente e in particolare degli studenti che a dispetto dei titoli di studio conseguiti hanno difficoltà enormi a inserirsi in un mercato del lavoro stagnante che da anni non accenna a migliorare.


Il nuovo presidente si troverà a governare un paese alle prese con un’inflazione che galoppa a tassi record, con una moneta nazionale, il dinaro, sempre più svalutato, un'economia labile dove il turismo è calato insesorabilmente per via degli attentati che si sono succeduti negli anni e a dover gestire la tematica della radicalizzazione di migliaia di giovani, molti dei quali andati a ingrossare le fila dell'Isis.


In questo contesto si capisce come il voto di domenica scorsa abbia assunto i caratteri di una vera e propria protesta contro il sistema; nei mesi passati era stato preceduto da numerosi scioperi e manifestazioni nelle zone più povere del Paese. La disoccupazione giovanile si attesta su tassi che oscillano tra il 30% e 40% e i salari, “bassissimi”, possono anche arrivare a cifre equivalenti alle 150-200 euro.


La Tunisia è oggi più che mai un paese in bilico tra modernità e arretratezza, lodato dall'Occidente per essere un baluardo laico e democratico in un'area piena di contraddizioni e chiaroscuri come quella nordafricana ma al contempo sistematicamente abbandonato a sé stesso.


La gente, tradita dalle speranze e dai sogni infranti della rivoluzione si è rifugiata in mancanza di figure autorevoli e credibili nel sostegno a un personaggio considerato avulso dall' establishment tradizionale. Un presidente che dati gli attuali rapporti di forza, nonostante si professi indipendente, dovrà comunque rendere conto al suo principale sostenitore, Ennahdha, gruppo politico conservatore di matrice religiosa che detiene appunto la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento.

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