Lo strano caso dei voli istituzionali polacchi



di Fabrizio Poggi

Il 10 aprile 2010 il Tu-154M polacco, con a bordo l'allora presidente Lech Kaczynski e una novantina di alti esponenti del governo e dell'esercito, si schiantò in prossimità dell'aeroporto russo di “Smolensk-nord”. Morirono tutti, insieme agli otto membri dell'equipaggio. La disputa tra Varsavia e Mosca per l'incidente, che a un certo punto sembrava potersi risolvere, è tornata di nuovo a infiammarsi, con la benzina delle polemiche a proposito delle responsabilità per lo scoppio della Seconda guerra mondiale e, soprattutto, per le dispute che ormai da poco meno di ottanta anni accompagnano proprio la regione di Smolensk. O, per essere più precisi, la questione legata alla zona dei Koz'i gory, meglio conosciuta in occidente come Katyn'.


Quel giorno di aprile di dieci anni fa, infatti, Kaczynski si stava recando a rendere omaggio alle vittime del massacro di ufficiali (anche) polacchi, le cui sepolture in massa erano state “scoperte” e rivelate al mondo dai nazisti nella primavera del 1943 e fatte senz'altro risalire al marzo-aprile 1940, quando, assicurava Joseph Goebbels, gli agenti “ebreo-bolscevichi” del NKVD avrebbero fucilato gli ufficiali polacchi internati in URSS dopo il 17 settembre 1939.


La “ricostruzione” nazista della “scoperta” di quelle sepolture, responsabilità e epoca dei fatti, costituiscono ormai da decenni il verbo sui fatti dei Koz'i gory. Tanto che da circa trent'anni, la Mosca post-sovietica respinge sdegnata le conclusioni della Commissione Burdenko – faceva risalire la fucilazione all'autunno del 1941, quando nella zona erano acquartierati Einsatzgruppen delle SS – e la “nuova verità” è proclamata senza tentennamenti dal Cremlino; Duma,Tass e RT comprese.


Secondo le più recenti notizie, probabile che quest'anno nessun aereo ufficiale polacco atterrerà a Smolensk; probabilmente le celebrazioni verranno rinviate ad altra data. Complice, a quanto pare, il virus: pare si possano escludere cause diverse, tipo il timore del ripetersi di quanto accaduto nel 2010, allorché, secondo “fonti” ucraine, la sezione “astrologia militare e magia nera” di FSB e GRU russe lanciò una “fattura” al volo presidenziale polacco, stilando il profilo astrologico dei fratelli Kaczynski (il gemello di Lech, Jaroslaw, fu premier tra il 2006 e il 2007), dei membri dell’equipaggio e addirittura del Tu-154.


Ora, magia nera o rossa a parte, è un fatto che la storia polacca abbia registrato più di un incidente “istituzionale” aereo, di natura non proprio soprannaturale. Tutti ricordano come, nel luglio 1943, l'aereo del primo ministro del governo polacco in esilio a Londra, Wladyslaw Sikorski, precipitasse in mare pochi secondi dopo esser decollato da Gibilterra: all'epoca, in piena guerra, le sue stizze nei confronti dell'Unione Sovietica erano l'ultima cosa di cui Londra sentisse il bisogno.


Anche a proposito dell'incidente di Smolensk, tra le altre ipotesi, era stata adombrata quella di dispute interne polacche, in vista delle elezioni presidenziali, tra le formazioni dei Kaczynski, “Diritto e Giustizia”, da una parte, e “Piattaforma civile”, di Bronislaw Komorowski e Donald Tusk, dall'altra. Varsavia, però, non ha mai smesso di puntare il dito contro Mosca: su Gazeta Wyborcza, l'avvocato dei Kaczynski era arrivato a dichiarare che la nebbia che incombeva su Smolensk il giorno della tragedia, fosse “stata programmata dalla Russia un mese prima della catastrofe”.


In effetti, sembra assodato che si sia davvero trattato, se non di un incidente, perlomeno di un errore: non dei piloti, comunque; pare che qualcun altro, presente nella cabina di comando, li avesse obbligati ad atterrare, nonostante il parere contrario della torre di controllo, che aveva consigliato di dirigere su un aeroporto vicino. Già nel 2011, il canale polacco TVN24 aveva parlato di un diverbio che si sarebbe verificato all'aeroporto di Varsavia, prima del decollo, il 10 aprile 2010, tra il comandante del velivolo e il Capo dell'aviazione polacca: l'accesa discussione avrebbe riguardato proprio gli scarsi dati meteo. Già nel giugno 2011, sembrava che l'allora primo ministro Donald Tusk (in contrasto con Lech Kaczynski, aveva rinunciato a recarsi a Smolensk sull'aereo presidenziale) fosse in procinto di ammettere la responsabilità polacca per l'incidente. Ora però le cose non sono più così “tranquille”: qualche “curatore” di Varsavia non ha interesse a che lo siano.


Ma, tra gli incidenti aerei del 1943 e del 2010, ancora un altro era costato la vita a 16 alti ufficiali dell'aviazione polacca (tutti comandanti di base aeree) e 4 membri dell'equipaggio, morti a bordo di un CASA C-295 precipitato nell'area di Krzesiny nel gennaio 2008. In quell'occasione, il nome del primo ministro Donald Tusk era rimbalzato ancora una volta, a causa della (si diceva all'epoca) opposizione sua e del Ministro degli esteri Radoslaw Sikorski all'apertura di basi USA di difesa missilistica in Polonia. Un'opposizione, ricordano Marek Glogoczowski e Israel Shamir, di breve durata: dopo il viaggio a Washington di prammatica, Sikorski non solo accettò i sistemi antimissile, ma anche le basi militari USA sotto il diretto comando del Pentagono. Cosa aveva spinto a tale rapido mutamento? Tra gli alti ufficiali morti, c'era anche il comandante della Prima Brigata tattica, Andrzej Andrzejewski, che non poche obiezioni aveva sollevato al piano delle basi missilistiche USA: il CASA C-295 era precipitato 20 minuti dopo un breve scalo all'aeroporto militare di Krzesiny, dove ora si fa bella mostra di sé la base aerea americana.


Dopo quell'incidente, accennano Glogoczowski e Shamir, a Varsavia capirono che non era più il caso di scherzare e, dietro “raccomandazione” yankee, acconsentirono a riaccendere anche la questione di Katyn'. Per ogni evenienza.

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