Come ti educo un fascista. Recensione del libro di Paolo Berizzi


di Carlo Amirante e Dario Catena


Che un giornalista e saggista, impegnato da vent’anni nell’analisi approfondita e documentata in ben cinque monografie su gruppi fascisti e neonazisti, sia costretto a vivere sotto scorta, mentre gli autori di squallide manifestazioni e aggressioni neofasciste continuano a frequentare sedi note a tutti, da cui partono per i loro raid, traffici criminali, pestaggi e droga, è inquietante quanto paradossale. Perché per la Costituzione italiana e le leggi per attuarla, le loro sedi andrebbero chiuse e i loro occupanti denunziati ed incarcerati.

Questa volta, il saggio di Paolo Berizzi, è una ricerca su luoghi, strumenti e metodi con i quali vengono trasmessi ai ragazzi i (dis)valori come “la violenza, l’ossessione e xenofoba, la disciplina militaresca e la pulsione identitaria”, un indottrinamento che, esaltando il culto ed il mito dell’autoritarismo e del nazifascismo, non esclude le aggressioni fisiche e l’assassinio.

Il ritorno dell’educazione fascista, spesso tollerato quanto sottovalutato soprattutto nei quartieri popolari, passa soprattutto attraverso una rete di palestre dove il culto della forza fisica e delle arti marziali, rischia di divenire il veicolo più idoneo ad educare picchiatori ed assassini.

“Un fenomeno antico e recente che affonda le sue radici nel Carnera fascista”, esempio da imitare anche perché, se dalla Boxe non verrà alcun titolo, c’è sempre la strada con “un quartiere da difendere dall’invasione degli zingari” o “un bengalese da picchiare”.

Perfino in Emilia, “i naziskin sognano di vedere il mondo bianco alleato sotto un’unica bandiera … e gente bella e cattolica … che non ha paura di darsi … e di picchiare i tunni (i tunisini), i marrocchini, i partigiani, omosessuali, diversi e tifoserie nemiche”.

Dopo un’introduzione in cui si sofferma sui talismani e sui simboli, di cui i fruitori spesso ignorano origine e significato reale, l’autore, per mettere a nudo “l’educazione gentile di un fascista del terzo millennio”, sostiene che “forti delle sponde del partito di Salvini … con cui hanno stretto patti sotterranei (in realtà, il passaggio dalla Lega a Forza Nuova non è un caso raro, come dimostra Berizzi, facendo nomi e cognomi).

“I gruppi neofascisti s’impegnano a forgiare i fascisti di domani, cioè formazioni di militanti; in nome dell’orgoglio italico, ci si adopera per infiltrare scuole, associazioni e mondo dello sport”.

L’educazione di un fascista, avviene però – come l’autore narra nei tre capitoli in cui si articola il libro - non solo nelle palestre ma anche nelle colonie estive, dove ai ragazzini viene inculcato l’odio per il “pidocchio rosso” e, più in generale, nei luoghi dove si disegna una “geografia sovranista” del Paese.

Dall’introduzione alla conclusione emerge però un dato che dovrebbe allertare tutti coloro che hanno a cuore la sopravvivenza delle istituzioni democratiche di un paese: ciò che ha reso possibile l’espansione e il radicamento d’idee e mentalità neofasciste e neonaziste è stato il totale abbandono delle periferie di cui sono responsabili i partiti di sinistra; consentendo ai neofascisti quello che un tempo sarebbe stato impossibile solo pensare: cavalcare “il disagio sociale, economico e culturale” in nome di una strumentale idea di patria, all’origine di sentimenti razzisti e xenofobi sempre più diffusi.

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