A loro non si chiedono mai sacrifici. I colossi digitali prosperano con il Covid


di Carlo Formenti


Il re è nudo. La faccia tosta con cui partiti e media parlano di "conciliare le esigenze della salute con quelle dell'economia" è ormai pura demagogia che copre la scelta di sacrificare, costi quel che costi in termini di vite umane e sofferenze, la prima alla seconda.


Spesso con l'avvallo di alcuni "esperti" che, fino non molto tempo fa, gridavano alla catastrofe imminente mentre ora, pur ammettendo che il sistema sanitario rischia di trovarsi nuovamente in piena emergenza (per cui si creperà più di infarto di "normali" polmoniti e di cancro che di covid, perché tutte le risorse saranno esclusivamente concentrate nel contenere la pandemia). Così si varano misure che sono pannicelli caldi, o tali da avere l'impatto delle proverbiali "grida manzoniane", dando la priorità agli interessi confindustriali e badando a non irritare ulteriormente quelle categorie di cittadini/elettori (partite Iva, artigiani, piccoli e medi imprenditori, professionisti, operatori dei settori della ristorazione e dell'intrattenimento, ecc.) più esposti agli effetti collaterali di eventuali misure drastiche.


A costoro non si possono promettere sostegno e aiuti perché significherebbe, Dio non voglia, fare dell'assistenzialismo, così come non si può nemmeno immaginare di usare i famigerati "aiuti" europei per potenziare l'intervento diretto dello Stato per sostenere l'economia. Il tutto mentre i colossi dell'economia digitale prosperano sulla catastrofe pandemica (sono una quota significativa delle poco più di duemila persone che detengono il 60% della ricchezza globale: vedi il Corriere di oggi a pagina 12) e continuano a non pagare le tasse con cui si potrebbe finanziare il potenziamento della ricerca e dei sistemi sanitari (che qui da noi, per inciso, dopo le lodi agli "eroi" in camice bianco di qualche mese fa, non hanno ottenuto nulla di ciò che chiedevano nel momento più tragico della crisi)

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