Covid, studio sull'idrossiclorochina: «Con la clorochina subito a casa, ricoveri al 5%»

Clorochina. Il nome di questa molecola è balzato nuovamente agli onori delle cronache con lo scoppio della pandemia Covid-19 causata dal diffondersi di un nuovo coronavirus. Sono emersi pareri discordanti sull’uso di questo farmaco già indicato per il trattamento della malaria.

Alcuni medici hanno notato che con la clorochina era possibile anche trattare i malati covid. Tra questi il luminare di Marsiglia, in Francia, Didier Raoult direttore dell’IHU Méditerranée Infection (Istituto ospedaliero-universitario specializzato in malattie infettive). E come lui tanti altri in diverse parti del mondo.

Però l’AIFA (Agenzia Italia del Farmaco) ha inspiegabilmente deciso di tenere la clorochina fuori dai protocolli per il trattamento del Covid. Questo sulla base di uno studio alquanto impreciso che aveva decretato la non efficacia di questo farmaco nelle persone colpite dal nuovo coronavirus.

Proprio per questo un nutrito gruppo di medici italiani ha deciso di lanciare un appello a tutti i presidenti di Regione affinché promuovano le terapie domiciliari con l’utilizzo dell’idrossiclorochina. Tra questi medici figura Alessandro Capucci, cardiologo già primario a Piacenza e ex direttore della clinica di cardiologia di Ancona, intervistato da 'La Nuova Bussola Quotidiana'.

Il medico, che ha condotto uno studio con altri medici che nel riminese hanno curato 350 pazienti con idrossiclorochina (HCL) spiega: «Su 350 pazienti trattati, 76 hanno ricevuto una combinazione di HCL e azitromicina (antibiotico), i restanti 274 hanno ricevuto solo l’idrossiclorochina. Ebbene, soltanto in 16 sono entrati in ospedale (poco più del 5%), non in terapia intensiva. Appena un 2,9% ha avuto complicazioni come disturbi gastrointestinali, ma nessuno - e dico nessuno - ha avuto problemi di sincopi, aritmie o morte improvvisa».

Il medico poi aggiunge: «Che se tratti i pazienti a domicilio ai primi sintomi influenzali - ribadisco ai primi sintomi -, con idrossiclorochina, hai il 95% di guarigioni a domicilio. Questo sarebbe fondamentale in questo momento in cui stiamo occupando in modo indiscriminato gli ospedali con pazienti covid positivi a scapito di pazienti che hanno altre patologie e non possono essere trattati».

Torna quindi in ballo il ruolo dell’AIFA nello sconsigliare - nei fatti vietare - l’uso dell’idrossiclorochina nel trattamento dei pazienti covid. «L’Aifa ha tenuto in considerazione solo studi randomizzati pubblicati su prestigiose riviste come il British Medical Journal (BML) e Lancet, le quali sono abbastanza concordi nel dimostrare un’assenza di efficacia dell’idrossiclorochina nei pazienti covid. Gli studi come i nostri o quello pubblicato dalla dottoressa Varese, sono dei “Registri” e non sono studi randomizzati, quindi non vengono considerati come scienza», spiega il dottor Capucci, che passa poi a spiegare il perché questi studi hanno prodotto risultati negativi sull’utilizzo dell’idrossiclorochina: «In sostanza non è stato tenuto in considerazione il timing dell’utilizzo della clorochina nei pazienti covid. Gli studi randomizzati sono stati effettuati solo su due tipi di popolazione: quelli ammalati che arrivavano già in ospedale e spesso erano in terapia intensiva, quindi in uno stadio avanzato della malattia oppure pazienti che ricevevano l’idrossiclorochina come profilassi, per non ammalarsi di covid».

Un modo di procedere che rende inutile l’utilizzo del farmaco antimalarico perché «l’idrossiclorochina non ha un effetto antivirale, ma quello che viene sfruttato è il suo effetto contro l’evoluzione della “cascata” infiammatoria, quella in cui l’organismo elabora una tempesta di citochine, che fa precipitare la situazione. Ecco: la clorochina impedisce la tempesta di citochine, permettendo così al nostro sistema immunitario di combattere bene il covid», per questo motivo «l’idrossiclorochina deve essere somministrata subito alla comparsa dei primi sintomi, non in fase avanzata quando ormai la tempesta è in atto. Il virus infatti provoca un eccesso di difese dell’organismo che fa precipitare la situazione con la sindrome da coagulazione intravascolare disseminata».

Per quanto riguarda la sicurezza del farmaco: «Praticamente sono stati presi in considerazione studi che però partivano da una dose di clorochina eccessiva, noi citiamo un lavoro recente che dimostra come i pazienti trattati in cronico con HCL, come quelli affetti da artrite reumatoide o nei casi di lupus eritematoso sistemico, non hanno effetti collaterali. Nei nostri registri, con i dosaggi giusti, non c’è alcun problema di sicurezza».

Gli studi realizzati dal dottor Alessandro Capucci e da altri colleghi indicano «che se tratti i pazienti a domicilio ai primi sintomi influenzali - ribadisco ai primi sintomi -, con idrossiclorochina, hai il 95% di guarigioni a domicilio. Questo sarebbe fondamentale in questo momento in cui stiamo occupando in modo indiscriminato gli ospedali con pazienti covid positivi a scapito di pazienti che hanno altre patologie e non possono essere trattati».

Nonostante questi risultati incoraggianti l’AIFA non vuole prestare ascolto alla rete di medici che utilizza l’idrossiclorochina. Ma la rete si allarga e il loro lavoro procede. Per questo hanno deciso di rivolgersi direttamente ai presidenti di Regione.

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