"Washington vuole provocare un cambio di regime a Mosca". La denuncia del ministro degli esteri Lavrov


di Simone Nastasi
Washington vuole sovvertire Mosca. E' questo il grido di allarme che arriva direttamente dal Cremlino e a lanciarlo è Sergei Lavrov, il ministro degli Esteri russo, il quale, stando a quanto riporta The BricsPost, avrebbe dichiarato all'agenzia di stampa russa Itartass, che gli Stati Uniti starebbero cercando in tutti i modi di provocare un cambio di regime a Mosca, per sbarazzarsi una volta per tutte del presidente in carica Wladimir Putin. “Abbiamo conferme – avrebbe detto Lavrov – che gli Stati Uniti attraverso i loro ambasciatori in giro per il mondo starebbero facendo pressioni su diversi Stati, anche nostri stretti alleati, per imporre sanzioni alla Russia”.
Lo stesso Lavrov tuttavia, avrebbe poi smentito che la Russia, malgrado le sanzioni, sia da considerarsi a tutti gli effetti uno Stato “isolato” dal resto della comunità internazionale ma che invece, al contrario, sarebbe intenzionato a proseguire il dialogo con la maggioranza degli Stati.
Un dialogo che per alcuni Stati, tra i quali l'Italia, dovrebbe essere considerato un passo quasi obbligato dati i rapporti commerciali tra i due Paesi. Non la pensano allo stesso modo, gli Stati Uniti i quali, prima con Bush e adesso con Obama, non hanno mai visto di buon occhio la presenza di Wladimir Putin, il quale secondo molti, sarebbe riuscito a riportare, grazie al peso politico che la “sua” Russia avrebbe dimostrato in ambito internazionale, le lancette indietro nel tempo, a prima che cadesse il muro di Berlino. E' anche per questo che negli ultimi tempi la pressione verso il governo di Mosca, è andata progressivamente intensificandosi, attraverso le sanzioni economiche che gli Stati occidentali hanno imposto al governo russo.
Sanzioni che stando ai numeri divulgati negli ultimi giorni dal ministro delle Finanze Anton Siluanov, avrebbero peggiorato e non di poco lo stato di salute dell'economia russa: la Russia avrebbe perso all'incirca 40 miliardi in un solo anno ai quali, andrebbe aggiunta quell'altra vagonata di miliardi (tra i 90 e 100) che sono stati bruciati a causa del crollo del prezzo del petrolio. Per una cifra totale che si aggira intorno ai 130 e i 140 miliardi di dollari che sono venuti a mancare al Pil di Mosca. Una situazione questa, che dalle parti del Cremlino, devono evidentemente iniziare a guardare con preoccupazione se è vero che lo stesso Putin, come riporta sempre The Brics Post, avrebbe chiesto agli Stati occidentali di trovare “soluzioni accettabili” per entrambe le parti.
Nonostante l'isolamento occidentale tuttavia, vicino alla Russia sarebbero rimasti gli “altri” Stati come la Cina, che a proposito delle sanzioni le avrebbe considerate “sbagliate”, ma anche l'India, che per bocca del suo presidente Narenda Modi, avrebbe chiesto la ripresa del dialogo tra l'Occidente e la Russia, per mettere fine a quel “blame-game”, ossia al gioco di colpe reciproche, che le parti ormai da tempo avrebbero iniziato. Per questo, malgrado una situazione economica che al momento non sia delle migliori, non è affatto detto che la Russia di Putin sia arrivata ai titoli di coda. L'alleanza con le “tigri asiatiche” è ben salda e quanto sia forte è cosa risaputa tra i governi occidentali.

Non è un caso quindi, se lo stesso Putin, nel corso dell'ultimo G20 svoltosi a Brisbane, abbia ricordato ai presenti che il Pil dei Paesi Brics, che si attesta intorno ai 37,4 trilioni di dollari, è attualmente maggiore rispetto a quello dei Paesi occidentali, fermo a poco oltre i 34. Nell'era dei parametri di Maastricht allora, dove la salute degli Stati è misurabile soltanto a suon di numeri, ciò che si potrebbe concludere da questo punto di vista, è che tra gli uni e gli altri, ad essere considerati i“grandi” del mondo, dovrebbero essere proprio loro: i Paesi Brics. Dunque Brasile, Russia, India, Cina e non ultimo, il Sudafrica.

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