Tanta retorica nell'apertura di Obama su Cuba

Quando il presidente americano Barack Obama ha annunciato a sorpresa la sua «storica» decisione di normalizzare le relazioni con Cuba, il New York Times ha titolato così “Gli Usa ripristinano piene relazioni con Cuba, cancellando l’ultima traccia dell’ostilità della guerra fredda”. Accogliendo lo sviluppo, il Nyt ha detto Obama ha promesso di «tagliare le catene del passato» e di «spazzare via una delle ultime vestigia della guerra fredda».
Ma, retorica a parte, spiega Finian Cunningham sul giornale online della Strategic Culture Foundation, il dettaglio difficile è che l’illegale embargo americano su Cuba rimarrà al suo posto. Inoltre, la mossa viene mentre Washington adotta nuove sanzioni contro la Russia e il Venezuela.
Fine della guerra fredda? Beh, forse, se pensiamo in maniera stretta ai rapporti storici tra Usa e sovietici. Ma nei termini del continuo atteggiamento egemonico americano verso le altre nazioni, la guerra fredda non si è mai fermata e non si fermerà mai finché l'America si arrogherà il diritto di comandare gli altri per portare avanti i propri interessi politici ed economici.
Dopo 54 anni di un vizioso, unilaterale, blocco economico e diplomatico imposto sulla piccola isola caraibica, la mossa degli Stati Uniti è significativa. Ma non per i motivi spensierate che il New York Times e gli altri media occidentali vorrebbero farci credere
La prima cosa da notare è che l'apparente cambiamento di politica da parte della Casa Bianca non è una mossa che in sé dovrebbe essere salutata come virtuosa, come gran parte degli occidentali deduce dalla copertura mediatica.
Quando il presidente americano Dwight Eisenhower impose sanzioni commerciali nel 1960, seguite dalla rottura delle relazioni diplomatiche l'anno successivo, non meno di 11 successive presidenze hanno continuato la politica di aggressione illegale nei confronti di Cuba. La morsa politica ed economica americana su Cuba è stata denunciata in tutto il mondo come una politica criminale e una violazione della Carta delle Nazioni Unite.
Il presidente cubano Raul Castro, che nel 2010 ha preso il posto del fratello Fidel come leader della rivoluzione, è stato cordiale nell’accogliere l'annuncio di Obama. Ma ha giustamente osservato che i problemi fondamentali imposti dagli Stati Uniti sulla sua nazione rimangono
«Questo non significa affatto che il nocciolo della questione è stato risolto», ha detto Castro ai cubani in una trasmissione televisiva. «Il blocco economico, commerciale e finanziario, che causa enormi danni economici e umani al nostro paese, deve cessare».
C’è da ricordare, inoltre, che «l'ostilità tra i due popoli» era principalmente un’ostilità proveniente dagli Stati Uniti. Quando il giovane leader socialista rivoluzionario Fidel Castro visitò Washington nel 1959 dopo il rovesciamento della dittatura di Fulgencio Batista sostenuta dagli Stati Unit , era chiaramente un appello per relazioni pacifiche.
Questo appello è caduto nel vuoto tra i circoli di potere di Washington. La presidenza Eisenhower ha avviato l’aggressione attraverso sanzioni e un embargo commerciale totale nei mesi della visita di Castro. Quando John F Kennedy ha assunto la presidenza all'inizio del 1961, ha autorizzato la fallimentare invasione della Baia dei Porci. Kennedy potrebbe aver esitato a ordinare un pieno bombardamento di Cuba, ma l'invasione era comunque un atto illegale di guerra contro una piccola nazione impoverita.
Nello stesso anno, Kennedy ha formato l’Operazione Mangusta. Era un programma di operazioni segrete, guidato dal generale Edward Lansdale, che ha ordito complotti per assassinare Castro e la leadership cubana, così come sabotaggi e terrorismo contro i civili. Il programma è rimasto in vigore per anni, anche dopo l'assassinio di Kennedy alla fine del 1963 probabilmente per mano della CIA e il complesso militare-industriale degli Stati Uniti, che vedevano le sue politiche «troppo morbide». Ironia della sorte, i sostenitori cubani in esilio del deposto regime di Batista sono implicati come facenti parte delle squadre di cecchini della CIA che hanno ucciso Kennedy a Dallas.
La crisi dei missili di Cuba nell’ottobre del 1962, scoppiata dopo che armi sovietiche sono state installate sull'isola, a meno di 90 miglia dalla terraferma degli Stati Uniti, è stata presentata dai media mainstream occidentali come la prova dello status di Stato canaglia di Cuba. Ma questa descrizione è svincolata dal contesto dell'aggressione e degli atti di guerra dell'America contro Cuba - aggressione che continua ancora oggi sotto forma di blocco.
Nel valutare l'ultima apparente inversione della Casa Bianca su Cuba, le parole del presidente Obama meritano maggiore attenzione.

Parlando in televisione a livello nazionale, Obama ha descritto come «storico» lo sviluppo in oltre 50 anni di relazioni USA-Cuba. Mentre la presidenza Obama si avvia alla conclusione, il presidente è senza dubbio consapevole della sua «eredità», insieme con il suo dubbio Premio Nobel per la Pace, così come altri aspetti controversi dei suoi otto anni di mandato, dagli attacchi con idroni, alla sorveglianza illegale dei cittadini americani e dei leader mondiali, alla copertura della tortura sistematica dell'era Bush, e alle guerre disastrose in Medio Oriente.
Ma le seguenti parole di Obama sono forse la chiave per valutare il passaggio su Cuba. «Metteremo fine ad un approccio obsoleto che per decenni non è riuscito a favorire ai nostri interessi, e invece cominceremo a normalizzare le relazioni tra i nostri due paesi».
Obama ha aggiunto: «Questi 50 anni hanno dimostrato che l'isolamento non ha funzionato. E' tempo per un nuovo approccio».
"Non è riuscito a favorire i nostri interessi» e la necessità di un «nuovo approccio» non sono una ammissione di un cambiamento atteso da tempo nella politica fondamentale degli Stati Uniti nei confronti di Cuba. Si tratta semplicemente di un cambiamento di tattica per raggiungere l'obiettivo americano di fondo: un cambiamento di regime in quel paese. Tale obiettivo e l'interferenza negli affari interni di un paese sovrano sono illegali secondo il diritto internazionale.
Le concessioni che Obama sta offrendo a Cuba sono minime e subordinate al fatto che il governo cubano abbracci «elezioni libere» e apra agli investimenti americani.
Con un Congresso controllato dai falchi repubblicani che hanno già definito le aperture di Obama una "capitolazione” possiamo essere sicuri che il decennale embargo di Washington contro Cuba rimarrà intatto.
Se, per ipotesi, Obama avesse dichiarato la fine dell’embargo e il riconoscimento della sovranità di Cuba, così come miliardi di dollari di risarcimenti per i decenni di ostilità statunitense, allora forse la «nuova politica» avrebbe aperto le porte ad una vera normalizzazione.
Così com'è, la «storica mossa» di Obama è la retorica vuota a cui ci ha abituati questo presidente. La premessa di base a Washington è ancora quella di un potere egemonico che sta cercando di far valere i suoi interessi strategici sulla nazione cubana. Ancora una volta, questa politica è illegale.
Mentre Obama parla di rimozione delle «catene del passato», il presidente ha firmato nuove sanzioni contro il Venezuela e ha dato l'approvazione per ulteriori sanzioni nei confronti della Russia.
La guerra fredda, intesa correttamente come una manifestazione della proiezione di potenza americana, è tutt'altro che finita.
La mossa di questa settimana da Obama su Cuba non è altro che una manovra di pubbliche relazioni, un cambiamento di tattica statunitense per riuscire a raggiungere il suo desiderio illegittimo di controllare Cuba. Se Washington avesse posto fine alla sua aggressione economica contro Cuba e altri paesi allora saremmo stati davanti ad un segnale di reale cambiamento. Altrimenti non è altro che stessa politica imperialista che è il fondamento del potere americano.

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