Il cambio della guardia delle autorità monetarie ed il giudizio della storia

Con l'imminente cambio di guardia nelle varie banche centrale, Joseph Stiglitz in The Changing of the Monetary Guard sottolinea come a breve sarà il tempo di giudicare coloro che hanno contribuito alla crisi economica mondiale nel 2008. La maggior parte degli operatori del mercato finanziario sono grati per il lassismo normativo che ha permesso loro di accumulare enormi profitti prima della crisi, e per i generosi salvataggi che li hanno aiutati a ricapitalizzare, con mega bonus al seguito. Ma il tutto a costo di un grave deterioramento dell'economia reale.
Al momento, il Pil di molti paesi europei continua a essere nettamente inferiore ai livelli pre-crisi e negli Stati Uniti, nonostante la crescita del Pil, la maggior parte dei cittadini versa in condizioni finanziarie peggiori rispetto al 2007, con gli aumenti di reddito che hanno riguardato quasi esclusivamente le fasce più alte della popolazione.
Riassumendo, prosegue il premio Nobel nella sua analisi, molti banchieri centrali che erano in carica nel periodo pre-crisi hanno molto di cui rispondere alle loro popolazioni: a causa della loro fede eccessiva nei mercati senza regolamentazioni, hanno infatti ignorato violazioni chiarissime e negato l'esistenza di una bolla evidente, concentrandosi invece sul mantra della stabilità dei prezzi. Il mondo ha pagato a caro prezzo la loro incapacità di concentrarsi sulla leva finanziaria e sul sistema bancario ombra.
Naturalmente, sostiene Stiglitz, non tutti i banchieri centrali sono da incolpare. Non è un caso che Australia, Brasile, Canada, Cina, India e Turchia siano usciti meglio di altri dalla crisi finanziaria: i loro presidenti delle BC avevano imparato per esperienza, diretta e non, che i mercati senza restrizioni non sempre sono efficienti. L'esempio più celebre riguarda la scelta del governatore della banca centrale della Malesia che avallò l'imposizione di controlli di capitale durante la crisi asiatica del 1997-1998. Criticato duramente all'inizio, questi ha poi ottenuto ragione dalla storia, ora che anche il Fondo monetario internazionale riconosce che i controlli di capitale possono essere utili, soprattutto in tempi di crisi.
Queste lezioni della storia sono ancora più rilevanti oggi, quando negli Stati Uniti è tempo di pensare al successore di Ben Bernanke. La Fed ha due responsabilità principali per la crisi in atto: una macro regolamentazione tesa a garantire la piena occupazione, la crescita della produzione, la stabilità finanziaria e dei prezzi; e una micro regolamentazione che riguarda i mercati finanziari. Qualunque candidato serio alla presidenza della Fed deve comprendere l'importanza di una regolamentazione efficace e la necessità di reindirizzare il sistema bancario americano verso l'erogazione diretta del credito, soprattutto alle piccole e medie imprese (cioè coloro che non possono raccogliere denaro sui mercati finanziari).
Essendo scontate le divisioni tra gli operatori del settore sull'importanza relativa dell'inflazione e della disoccupazione, un buon presidente della Fed dovrà però fare una scelta chiara ed impegnarsi a garantire che il tasso di disoccupazione americano scenda al di sotto del suo livello attuale, decisamente troppo elevato: un tasso del 7%, o anche del 6%, infatti, non va considerato inevitabile. Tra i candidati a succedere a Bernanke, Stiglitz compie il suo personale endorsment ad una sua ex allieva di Yale, Janet Yellen, attualmente vicepresidente della Fed. Yellen ha infatti dimostrato la sua tempra e la sua capacità di creare consenso nel ruolo di presidente del Comitato dei consiglieri economici del Presidente, come presidente della Fed di San Francisco e nel suo incarico attuale. Ed apporterebbe una profonda cognizione non solo dei mercati finanziari e della politica monetaria, ma anche dei mercati del lavoro, che è essenziale in un'epoca in cui la disoccupazione e la stagnazione dei salari sono delle priorità.
Data la fragile ripresa economica e la necessità di una continuità politica, la determinazione della Yellen è precisamente ciò di cui le politiche pubbliche degli USA hanno bisogno. Il presidente Barack Obama è tenuto a nominare gli alti funzionari con il "consiglio e il consenso" del Senato statunitense. Circa un terzo dei senatori democratici ha già scritto a Obama per esprimere il proprio sostegno a Janet Yellen ed il presidente, conclude Stiglitz, dovrebbe ascoltarli.

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