A Gaza si muore anche così. Ma il mondo non ascolta e tace.


di Paola Di Lullo

Mentre l'Egitto fa sapere che domani e dopodomani aprirà il Valico di Rafah, in entrambe le direzioni, dopo 85 giorni di
chiusura, a Gaza c'è chi preferisce morire dandosi fuoco.

Residenti locali hanno detto di aver visto fumo che usciva dalla casa di Abdullah Albahani, 44 anni, e di aver sentito le grida di dolore. I genitori si sono immediatamente precipitati nella casa, ma le porte erano chiuse dall'interno, il che li ha costretti ad abbatterle.
Entrati nella casa, sono rimasti sbigottiti dalla scena che si è presentata loro dinanzi. Abdullah Albahani, ha dato fuoco alla casa, a sé stesso, alla moglie ed alle due figlie, tutte salvate dall'intervento dei vicini. Le tre donne sono gravemente ferite, l'uomo è morto.
L'assedio israeliano su Gaza, entrato nel suo decimo anno, la distruzione dei tunnel che collegavano la Striscia all'Egitto, consentendo l'ingresso di generi di prima necessità, la disoccupazione, il 43%, la più alta al mondo, che arriva al 60% tra i giovani, le offensive israeliane del 2008, 2012 e 2014, la mancata ricostruzione, l'impedimento al lavoro anche ai contadini e ad i pescatori, continuamente colpiti dall'esercito israeliano, ha portato la Striscia di Gaza al collasso.

1.900.000 persone circa, con una densità abitativa di oltre 5.000 persone per chilometro quadrato, senza lavoro né prospettive di vita futura. Ed ecco che si sceglie di morire per gridare al mondo che c'è un popolo che sta morendo d'inedia. Ma il mondo non ascolta e tace.

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