di Leo Essen
Ieri sera da bravi soldatini lombardi, alle 7 avevamo già i piatti in tavola, e alle 7 e mezza i piatti erano già nello stipo, lavati. Bisogna mangiare leggero, perché qui!, si deve dormire e alzarsi presto, perché qui!, si lavora – ci si racconta in metropolitana, finendo poi col crederci.
E insinuando il dubbio che da altre parti, magari al meridione, dove chi mangia prima delle 9 è esciùtu e capu, non si lavori. Ma oggi questo dubbio non può attecchire, perché le delizie per la cena, il piatto forte, le Cimette di rapa, davvero ottime, tanto che sono andato a recuperare l’etichetta per capire chi dovevo ringraziare, ebbene, le Cimette di rapa ce le evevano mandate i contadini di Poggiomarino, Napoli.
Mentre eravamo chiusi in casa a lavorare al computer, oppure eravamo in fabbrica a tranciare lamierini magnetici, per l’assemblaggio in Svizzera di improbabili motori elettrici, un contadino Campano raccoglieva le Cimette, le nettava e le consegnava ad un camionista che le portava in Lombardia, fresche. Miracolo dei lavoratori, quando sono uniti!
Questa unità impone di guardare a questi contadini, alle loro condizioni di lavoro, alla stagionalità che costringe a lunghi periodi di fermo, magari senza salario e senza sussidio; impone di guardare allo sfruttamento del lavoro, immigrato e indigeno. La condizione di questi lavoratori ci riguarda, non solo perché quello che mangiamo esce dalle loro mani, ma perché il nostro destino, non solo di consumatori, e questo oggi è sotto gli occhi di tutti, ma anche il nostro destino di lavoratori, è legato agli uomini e alle donne che si alzano prestissimo la mattina, d’estate anche alle tre, per recarsi nei campi e inviarci le Cimette.
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