«L’uccisione di Giulio Regeni è un attacco diretto ad Al-Sisi portato da un nemico interno o, più probabilmente, da un potenza straniera ostile
». Inizia così un articolo di Giordano Stabile sulla Stampa del 28 novembre.
Che prosegue: «Il ragionamento che fanno al Cairo è netto. In uno Stato dal controllo ferreo, militare, verticistico di tutti gli apparati è impensabile che una singola unità si prenda l’autonomia di compiere un simile atto nei confronti di un Paese amico e alleato, di tenere prigioniero un ragazzo straniero per nove giorni e poi ucciderlo tenendo tutti all’oscuro. L’unica spiegazione è che l’operazione sia stata decisa, pianifica ed eseguita da qualcuno che voleva colpire l’Egitto, e il suo presidente Abdel Fatah al-Sisi
».
«Chi ha colpito voleva sabotare i rapporti fra Italia ed Egitto», prosegue Stabile, ricordando che l’Eni, soli il 30 agosto, aveva annunciato ufficialmente la scoperta di un immenso giacimento petrolifero al largo dell’Egitto che «una volta a regime, il giacimento potrà dare l’autonomia energetica all’Egitto ed essere un volano formidabile di sviluppo
».
Secondo la ricostruzione di Stabile, gli inquirenti egiziani sono scettici sulla pista Isis, che pure – secondo media e analisti – il 31 ottobre avrebbero abbattuto l’airbus russo partito da Sharm Sharm el-Sheikh e diretto a San Pietroburgo; né sarebbe il modus operandi dei Fratelli musulmani, pure nemici giurati di Al Sisi. Restano, appunto, le opzioni straniere, che Stabile individua nella Turchia o nell’Arabia Saudita, e più sulla seconda che sulla prima.
Nota a margine. Per la prima volta un media maistream traccia una ricostruzione ragionevole dell’omicidio del ricercatore italiano. Che peraltro sul nostro sito avevamo indicato da tempo. Anche se è difficile immaginare che i sauditi possano compiere un’operazione tanto complessa e sofisticata in territorio egiziano senza lasciare traccia alcuna.
In realtà sono davvero poche le nazioni al mondo i cui apparati, istituzionali o deviati, sono in grado di compiere operazioni di così alto livello, e lasciamo ai nostri lettori individuare quali, ché è abbastanza facile individuarle.
Resta lo sconcerto per un’operazione contro l’Italia (oltre che contro l’Egitto), che tanta parte dell’informazione e della politica italiana ha assecondato con slancio umanitario, al grido: «Verità per Regeni».
Un anelito giusto, che però andava indirizzato altrove e non usato come un maglio contro Al Sisi. In questo modo si è fatto solo il gioco di quelli che hanno ucciso il povero Giulio.
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