Cuba, l’avvertimento di Díaz-Canel: “Siamo una specie a rischio estinzione”

di Giulio Chinappi

Nel suo discorso tenuto a Parigi, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha citato Fidel Castro, e ha invitato la comunità internazionale a trovare soluzioni che possano permettere alla specie umana di non condannarsi all’estinzione.

Dopo essersi recato in visita ufficiale a Roma e Belgrado, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel Bermúdez ha raggiunto Parigi, dove ha preso parte al vertice per un nuovo patto finanziario globale, evento che ha riunito un numero importante di leader politici provenienti da tutto il mondo. Nel suo intervento, tenuto sotto gli occhi del presidente francese Emmanuel Macron, il leader dell’isola caraibica ha affrontato le principali tematiche globali, come il cambiamento climatico e l’ingiusto ordine economico globale attualmente vigente, chiedendo alle principali potenze della Terra di intervenire tempestivamente per evitare conseguenze ancora peggiori che potrebbero persino portare all’estinzione della specie umana.

Díaz-Canel ha esplicitamente chiesto “una riforma delle istituzioni istituzioni finanziarie internazionali […] che tenga conto dei legittimi interessi dei Paesi in via di sviluppo“, dimostrando di essere in linea con le dichiarazioni del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, il quale a sua volta aveva sottolineato l’inadeguatezza delle istituzioni finanziarie create dagli Stati Uniti a seguito della seconda guerra mondiale con l’obiettivo di mantenere una posizione egemonica. “Se oggi è possibile prolungare la vita, la salute e il tempo utile delle persone, se è perfettamente possibile programmare lo sviluppo della popolazione in virtù dell’aumento della produttività, della cultura e dello sviluppo dei valori umani, cosa aspettate a farlo?”, ha chiesto provocatoriamente il presidente cubano.

Il discorso di Díaz-Canel a Parigi ha avuto una particolare importanza, in quanto Cuba occupa attualmente la presidenza del gruppo G77 + Cina, un’organizzazione che riunisce una buona parte dei Paesi in via di sviluppo e che rappresenta la maggioranza della popolazione mondiale. Le preoccupazioni espresse da Díaz-Canel rappresentano infatti il sentimento comune della maggioranza dei Paesi di Asia, Africa e America Latina, quelli che non hanno goduto dello sviluppo capitalista ma che sono condannati a pagarne le peggiori conseguenze. “Trionferanno le idee giuste o trionferà il disastro”, è stato il monito lanciato dal presidente cubano, che ha citato le riflessioni di Fidel Castro.

Non svelo alcun segreto – ha detto ancora il leader latinoamericano – se affermo che le conseguenze più nefaste dell’attuale ordine economico e finanziario internazionale, profondamente ingiusto, antidemocratico, speculativo ed esclusivo, gravitano più fortemente sui Paesi in via di sviluppo“. “Sono i nostri Paesi che hanno visto il proprio debito estero praticamente raddoppiare negli ultimi dieci anni; coloro che hanno dovuto spendere 379 miliardi di dollari delle loro riserve per difendere le loro valute nel 2022, quasi il doppio dell’ammontare dei nuovi Diritti Speciali di Prelievo assegnati loro dal Fondo Monetario Internazionale”, ha spiegato Díaz-Canel, dimostrando come l’attuale ordine economico e finanziario globale sia pensato per perpetuare lo stato di diseguaglianza che ha permesso agli Stati Uniti e ad un numero ristretto di altri Paesi di godere dello sviluppo capitalista a danno del resto del pianeta.

I nostri popoli non possono e non devono continuare ad essere laboratori di ricette coloniali e rinnovate forme di dominio che usano il debito, l’attuale architettura finanziaria internazionale e misure coercitive unilaterali per perpetuare il sottosviluppo e aumentare le casse di pochi a spese meridionali. È urgente, come la più grande di tutte le urgenze, un nuovo e più giusto ordine internazionale”, secondo le parole del presidente cubano. “A metà del XXI secolo, è inaccettabile che alla maggior parte delle nazioni del pianeta continuino ad essere imposte istituzioni obsolete ereditate dalla Guerra Fredda e da Bretton Woods, lontane dall’attuale configurazione internazionale e progettate per trarre profitto dalla riserve del Sud, che perpetuano lo squilibrio e applicano ricette congiunturali per riprodurre uno schema di moderno colonialismo”.

Dopo aver affrontato le criticità dell’ordine economico e finanziario globale, Díaz-Canel ha affrontato anche l’altro grande problema del nostro tempo sentito soprattutto dai Paesi in via di sviluppo, ovvero quello del cambiamento climatico. “Dobbiamo anche tenere conto del fatto che il cambiamento climatico ha trasformato la natura delle sfide dello sviluppo. Pertanto, l’agenda climatica concordata a livello internazionale deve essere applicata in conformità con il principio di equità e responsabilità comuni ma differenziate e rispettive capacità“, ha affermato, confermando in questo modo la posizione precedentemente espressa da Cuba e dagli altri Paesi del G77 + Cina. Questo significa che i Paesi a capitalismo avanzato, in quanto responsabili della maggioranza dell’inquinamento emesso dall’uomo negli ultimi tre secoli, devono prendersi la responsabilità di guidare la riforma energetica mondiale, fornendo agli altri Paesi la tecnologia necessaria per convertire il proprio sistema economico ed energetico.

Citando ancora il leader storico della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro, Díaz-Canel ha lanciato un nuovo potente monito ai grandi della Terra: “Non passiamo alla storia come i leader che avrebbero potuto fare la differenza nel nostro destino comune e non sono stati in grado di farlo”. “Non ignoriamo gli allarmi, non sottovalutiamo le urgenze. Agiamo con un senso di specie in via di estinzione. Agiamo con un senso di umanità“, ha concluso.

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