di Alberto Lombardo - La Riscossa
L’Unione Europea ha lanciato un nuovo progetto per costruire infrastrutture in Asia, Africa e Sud America, denominata Global Gateway. Questo progetto, presentato ufficialmente dalla Presidente von der Leyen e coordinato con l’analogo Build Back Better World statunitense, si pone esplicitamente come risposta alla Via della Seta cinese, accusata quest’ultima di gettare i Paesi interessati in una “morsa del debito”. Invece il progetto europeo è destinato – si dice – a «creare legami e non vincoli di dipendenza» con i Paesi partner. «Noi, a differenza di loro [i cinesi], non facciamo prestiti – dice la von der Leyen – ma diamo sovvenzioni». Già, ma a chi?
Vediamo però nel dettaglio.
Si tratta di 300 miliardi di euro in 5 anni. La Commissione europea metterà 18 miliardi di sussidi diretti prelevandoli dal bilancio UE (quindi a carico dei contribuenti europei), puntando a generare 135 miliardi di investimenti privati che saranno garantiti dal Fondo UE per lo sviluppo sostenibile.
(La differenza tra i 300 miliardi sbandierati nei titoloni e i 135 anche solo ipotizzati non siamo riuscita a capire come si colma, confessiamo).
Quindi il sostegno non è ai Paesi, ma alle imprese europee per competere con i rivali, soprattutto cinesi. Ora, un’impresa privata perché dovrebbe investire? Per fare beneficienza o per fare profitti? E questi profitti da dove potrebbero provenire se non dai Paesi che “beneficiano” di queste misure?
L’Europa si sveglia ora, dopo anni che i progetti cinesi vanno avanti ed hanno già costruito opere su opere in quei Paesi che hanno aderito, non per sostenere lo sviluppo dei Paesi arretrati, ma per frenare la concorrenza cinese, che sta spiazzando le imprese europee e il ruolo geostrategico dell’Europa che è stata protagonista per secoli della colonizzazione in tutto il mondo. Ora vengono a fare la lezione di “democrazia” agli altri.
Per valutare la differenza tra il comportamento del governo cinese, rispetto agli sbandierati “aiuti” europei, riportiamo alcune delle misure annunciate all'ottava edizione del FOCAC, il forum triennale Cina-Africa, tenutasi a Dakar, Senegal, dal 29 al 30 novembre 2021.
A chi si accoda alla propaganda filoimperialista, atlantista ed europeista, non possiamo che mettere sotto il muso queste considerazioni concrete. La politica cinese si sta caratterizzando sempre più come l’unica che può sottrarre i Paesi che ancora soggiacciono al giogo finanziario e al ricatto economico del “democratico” occidente.
Seguendo l’insegnamento Marx – quando parlava del fatto che la rivoluzione sociale in Irlanda può mettere in crisi non solo il dominio inglese su quell’Isola, ma anche in Gran Bretagna – rileviamo che oggi il più forte smacco e indebolimento delle basi economiche dell’imperialismo aggressivo e guerrafondaio, che ha sfruttato e continua a sfruttare e a minacciare i popoli di tutto il mondo, sta nel minare le sue basi al di fuori della “cittadella” euro-atlantica. Non vedere la differenza tra i comportamenti finanziari ed economici e accomunarli in un unico calderone, significa cercare di far cadere nella confusione e tentare di impedire che i movimenti antimperialisti in Europa possano svolgere un adeguato sostegno al movimento per la pace e per il rispetto dei rapporti alla pari tra le Nazioni.
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