"Hacker cinesi" contro la rete del Vaticano? Ecco chi c'è dietro la società Usa Recorded Future" che lo denuncia


di Piccole Note

Hackers cinesi si sarebbero intrufolati nella segreta rete web del Vaticano usando di una lettera del Segretario di Stato Pietro Parolin. A rivelare l’ennesimo scandalo che coinvolge Pechino “la società americana privata di monitoraggio Recorded Future”, così definita dal Corriere della Sera e dal New York Times, senza alcun legame con l’amministrazione americana, che ultimamente ha iniziato un’aggressiva campagna contro Pechino.

La rivelazione giunge in un momento delicato, dato che, come scrive il NYT: “Si prevede che il Vaticano e Pechino a settembre inizieranno i colloqui sulla nomina dei vescovi e sullo status degli edifici di culto come parte del rinnovo dell’accordo provvisorio firmato nel 2018 che ha rivisto i termini della presenza della Chiesa cattolica in Cina”, accordo del quale alcune clausole sono rimaste segrete.


Insomma, lo scoop della società di monitoraggio va a porre criticità alla ripresa del dialogo, che, ovviamente, non è ben visto oltreoceano.


In realtà, la Recorded Future si definisce un’Agenzia di Security Intelligence ed è sì privata, ma non stupirebbe affatto che abbia tra i suoi capi e dipendenti agenti o ex agenti della Sicurezza Usa né che collabori con la stessa, come accade per tante Agenzie similari, spesso utilizzate dal Dipartimento di Stato per operazioni in cui non vuole esporsi.


Ma al di là delle ipotesi, che tali resteranno dato che il sito ufficiale non contiene che informazioni generiche, se si va a scorrere le News del blog del sito, si troveranno solo articoli sulla sicurezza informatica, note tecniche su come difendersi, sulle potenziali minacce etc.


Un solo articolo di informazione non tecnica, quello appunto sull’hackeraggio cinese in Vaticano, pubblicato questa settimana. A scorrere i mesi pregressi, appunto, le note anodine, finché, se con pazienza si arriva all’aprile scorso, un altro articolo di carattere politico. Questo il titolo: “La politica di influenza cinese si sviluppa attraverso campagne mirate alle elezioni di Taiwan e alle proteste di Hong Kong”.


Insomma, il targeting dell’Agenzia di Security intelligence è alquanto banale, come banale la finalità degli articoli. La Cina ha respinto le accuse e ha chiesto prove, ma in questo campo fioriscono accuse non provate e sono possibili le più stravaganti manipolazioni.


Steve Bannon, che dà voce dall’Italia agli ambiti anti-cinesi fioriti all’ombra dell’amministrazione Trump, ha attaccato pubblicamente il Papa per aver stretto quell’accordo.


Il punto è che si vorrebbe ingaggiare anche la Chiesa in questa crociata contro Pechino, coinvolgerla in questa nuova ondata maccartista che non aiuta né l’America, né il mondo. Né tantomeno la Chiesa, che dovrebbe essere libera di trattare con chi vuole delle cose che la riguardano.


D’altronde è dalla fine della Seconda guerra mondiale che taluni ambiti degli Stati Uniti tentano di portare la Chiesa nell’alveo delle loro direttrici geopolitiche.


Nel Secondo dopoguerra Washington tentò in tutti i modi di dar corpo a una strategica alleanza con la Chiesa cattolica, immaginata come pedina essenziale della lotta contro il comunismo internazionale.


Pio XII, che ben conosceva il comunismo e lo contrastò con forza (fino ad arrivare alla scomunica per quanti professavano tale dottrina), rifiutò più volte le avances in tal senso. Finché, nel Natale del ’51, ebbe a dire parole che suonano di stretta attualità.


«Uomini politici, e talvolta perfino uomini di Chiesa, che intendessero fare della Sposa di Cristo la loro alleata o lo strumento delle loro combinazioni politiche nazionali ed internazionali, lederebbero l’essenza stessa della Chiesa, arrecherebbero danno alla vita propria di lei. In una parola, l’abbasserebbero al medesimo piano, in cui si dibattono i conflitti d’interessi temporali. E ciò è e rimane vero anche se avviene per fini ed interessi in sé legittimi» (da 30Giorni)

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