La comandante cilena Tamara: "La lotta è il modo realistico per cambiare rotta"

06 Settembre 2023 17:56 Hernando Calvo Ospina

I migliori segugi la cercavano senza sosta. Nata in una casa borghese, sei mesi dopo essere entrata alla Facoltà di Sociologia dell'Università del Cile, iniziò a partecipare alle manifestazioni contro il regime militare. Quasi contemporaneamente, entrò nelle file della Gioventù Comunista, un'organizzazione bandita dalla dittatura.

La sua famiglia lo seppe due anni dopo e dalla sua stessa bocca: "Sono un membro del Partito Comunista. Sono comunista". I rapporti con il padre, che adorava, divennero tesi, poiché nella famiglia, si applaudiva al generale Augusto Pinochet.

Poco dopo, si unì al Fronte Patriottico Manuel Rodríguez (FPMR), un'organizzazione guerrigliera legata al Partito Comunista che aveva iniziato le proprie azioni nel dicembre 1983. Questa decisione significava togliersi un pezzo di sé: non condividere più la vita quotidiana con la figlia di due anni. Il padre della bambina, che l'ha sostenuta nel suo impegno, si è occupato della sua educazione. Di fronte alle critiche, ripeteva alla sorella: "Non posso soffrire per una bambina, che è mia figlia e che amo, quando vedo soffrire migliaia di bambini che non hanno diritto a nulla".

Lasciare il resto non era un problema: gli agi e il prestigio che le ricchezze della sua famiglia potevano darle. "Ho aderito a questo perché credevo in una società diversa, più giusta, e questa strada è più realistica. Sono coerente con le mie idee (...) La lotta è l'unico modo realistico e valido per cambiare il corso del Paese", disse alla rivista HOY dalla clandestinità nel 1987.

Con occhi vivaci, di bell'aspetto, affascinante, molto tenera e con grande slancio, si opponeva alla mediocrità: "Anche se sei una spazzina, devi essere la migliore", ripeteva alla sorella minore. Questa instancabile lettrice fu battezzata "Tamara" dai suoi compagni, in ricordo della rivoluzionaria che combatté a fianco del Che in Bolivia, Tamara Bunke.

Ha iniziato la lotta militare facendo saltare un ponte ferroviario e rapinando un ufficio di cambio, da dove è fuggita in motocicletta. Ha scalato i ranghi dell'organizzazione guerrigliera fino a diventare l'unica donna a raggiungere il grado di "comandante" nella direzione, chiusa, del Fronte. E', perche', aveva innate capacità politiche e militari, oltre a essere una grande cospiratrice.

Trattò sempre con affetto i suoi sottoposti, occupandosi anche dei loro problemi personali, come sa fare un leader. A metà del 1986, Cecilia Magni, che era già diventata il "Comandante Tamara", faceva parte del piccolo gruppo dirigente che pianificò l'azione più rischiosa che la FPMR avesse mai compiuto. Si chiamava "Operazione Novecento" e aveva come obiettivo l'uccisione del dittatore Pinochet. Nonostante le sue proteste, all'ultimo momento fu deciso che non avrebbe partecipato all'imboscata: c'era la possibilità che nessun guerrigliero ne sarebbe uscito vivo. E la sua esperienza nella logistica era indispensabile per il Fronte.

Il 7 settembre di quell'anno, Pinochet stava rientrando nella capitale dopo un fine settimana di riposo, quando una ventina, del commando del Fronte, affrontarono la sua carovana con fuoco pesante. Al termine dell'intrepida operazione, durata otto minuti, cinque guardie del corpo furono uccise e undici ferite. Pinochet uscì illeso perché il razzo sparato contro la sua auto non esplose: sparato a distanza ravvicinata, non si attivò abbastanza a lungo da penetrare la blindatura. Nessun guerrigliero è stato ucciso.

La responsabilità di Tamara nel mettere in sicurezza le auto e le case per riparare il gruppo, oltre che nello spostare le armi, non ha avuto falle. L'azione è stata sottolineata dalla dittatura come "una perfetta operazione di intelligence".

Il 21 ottobre 1988, insieme al capo del FPMR, Raúl Pellegrín, guidò la presa del controllo militare della caserma di Los Queñes, nel centro del Paese. I servizi repressivi iniziarono una caccia all'uomo senza tregua della coppia, fino a quando riuscirono nella cattura.

Il 29 fu trovata in un fiume. Il giorno successivo fu trovato Pellegrín. La dittatura affermò che erano "morti annegati", ma i loro corpi avevano orribili segni di tortura, tra cui la rottura della colonna vertebrale di Cecilia. La loro cattura era dovuta a un tradimento.

Cecilia "Tamara" Magni aveva 31 anni. Pellegrín non era solo un collega politico, ma l'amore della sua vita. Il padre di sua figlia disse in seguito: "Cecilia, in amore e in politica, fu fedele e leale fino alle ultime conseguenze".

Il padre disse che se avesse saputo che sarebbe morta così, "non mi sarei mai arrabbiato con lei in vita".

Mentre la figlia, oramai ragazza, disse: "Le decisioni delle persone sono valide, quando le prendono sono valide, e io non posso invalidarle, sarebbe irrispettoso nei suoi confronti".

Nell'intervista che la rivista HOY ha realizzato con la comandante Tamara nel 1987, disse,anche: "Sono un capo e ho come subordinati degli uomini. Sono stata a capo di truppe, ovviamente maschili. Non ho mai avuto problemi. Vi assicuro che i miei subordinati difficilmente mi vedono come una donna. Una volta mi hanno visto con le armi addosso. Mi hanno visto con delle granate, con un revolver. E quella è stata l'unica volta in cui mi hanno detto "come sei bella'".

(Traduzione di Roberto Casella)

*Questo testo fa parte del libro "Latinas de falda y pantalón" di Hernando Calvo Ospina. Editorial El Viejo Topo, Barcellona, 2015.

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