La Via della seta raggiunge ormai Belgrado e l'Ungheria di Orban

La formula 16+1 a molti potrebbe dire poco o nulla. In realtà riassume freddamente l’espansione dell’influenza economica e politica della Cina popolare in Europa: si tratta, infatti, della tavola rotonda tra Pechino e i Paesi dell’Europa Orientale e centrale (CEE- Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, polonia, Romania, Serbia, Repubblica Slovacca e Slovenia), che ha preso il via a Varsavia nel 2012 e che il 15 dicembre scorso a Belgrado ha vissuto il suo terzo appuntamento all’insegna di una sempre maggiore cooperazione. I legami economici tra questo pezzo del Vecchio Continente (che nella retorica interventista dell’amministrazione Usa di Bush jr era definita la “giovane Europa”) e l’ex Celeste impero sono in forte crescita, anche se ben poca cosa rispetto ai livelli di interscambio economico cui ci ha abituato la Cina: 50 miliardi di dollari al termine di quest’anno (incremento su base annua di poco più del 10%), investimenti delle imprese cinesi per circa 5 miliardi e una quarantina di progetti di cooperazione in gara parte realizzati e in atto.



I settori interessati sono soprattutto quelli delle infrastrutture e dell’energia e il premier cinese Li Keqiang, con al seguito un missione di imprenditori, ha annunciato la costituzione di un fondo di 3 miliardi di dollari, da aggiungere ad una linea di credito di 10 miliardi, e tra i progetti ci sono quelli di un’autostrada che colleghi Belgrado con diverse regioni della Serbia centrale e orientale, una nuova centrale elettrica e la costruzione della ferrovia tra la capitale serba e Budapest. A questo va aggiunto anche la volontà di utilizzare sempre più le rispettive monete negli scambi commerciali.
Per Pechino una cooperazione sempre più stretta con quest’area (tuttora mercati interni secondari e non certo ricchi di materie prime per l’ormai prossima futura prima potenza economica mondiale), soprattutto con la Serbia (partner strategico) e lUngheria, è vista come tappa fondamentale per una progressiva penetrazione nell’Europa occidentale, attraverso la costruzione di hub strategici a partire dal porto del Pireo, al quale legare una rete ferroviaria ad alta velocità.

Si tratta quindi della paziente costruzione, a partire dai Balcani, del “ramo” più occidentale - un “anello essenziale” come ha sottolineato Xinhua - della Nuova Via della Seta. Lo ha spiegato bene Minghao Zhao, esperto cinese di politica estera e ricercatore del Charhar Institute, quando descrive l’Europa Orientale come parte estrema della “cintura economica della Via della Seta” e porta di accesso per Le “terre interne dell’Europa”. Anche in vista di un maggiore sicurezza per la Cina. Prosegue, infatti, lo studioso: “il successo della cintura economica della Via della Seta avrà notevoli ripercussioni sulla stabilità delle province occidentali cinesi, tra cui il XinJiang”. Insomma, la sicurezza dei confini cinesi, quelli storicamente più sensibili e un tempo troppo permeabili alle penetrazione straniera, passa anche dalla collaborazione economica con i Paesi dell’Europa orientale.
Diego Angelo Bertozzi

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