Lavender e Habsora, gli ultimi mostri del “Laboratorio Palestina”

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

«Il ruolo di Israele è fungere da modello»

Elliott Abrams

Chi si occupa di Intelligenza Artificiale sa bene che l'utilizzo di questi strumenti in ambito bellico può portare a sbocchi drammatici che non appare azzardato definire da “romanzo distopico” dove tutta la riflessione umana, prima di teorizzazione filosofica del concetto di “crimine di guerra” e successivamente di applicazione pratica di questo concetto al campo giuridico, rischia di essere totalmente azzerata riportando l'uomo in dietro nel tempo alle epoche nelle quali lo sterminio di intere popolazioni era ritenuta una pratica bellica “accettabile”.

Questo tema, nonostante l'estrema importanza, è rimasto per anni relegato ai dibattiti tra gli specialisti del settore difesa e sicurezza, da un lato, e gli esperti di Intelligenza Artificiale dall'altro. Con lo scoppio delle ostilità tra Hamas e Israele che ha portato all'invasione della Striscia di Gaza da parte dell'esercito israeliano, il tema dell'uso dell'Intelligenza Artificiale in ambito bellico è però emerso in tutta la sua drammaticità a causa di un'inchiesta di Local Call e +972.

I giornalisti di queste due testate israeliane hanno scoperto che Tsahal nell'individuazione e nella selezione dei bersagli utilizza strumenti di Intelligenza Artificiale (per la precisione Machine Learning “non supervisionato”) che non è esagerato definire come una “catena di montaggio degli omicidi di massa”. Per la precisione, il dispositivo utilizzato consta di due diversi softwere di Intelligenza Artificiale, uno chiamato Lavender e l'altro Habsora. I due softwere usati in maniera combinata hanno così generato una fabbrica omicidiaria in piena regola.

I due media israeliani hanno così illustrato il loro funzionamento: Lavender ha individuato una lista di 37000 potenziali miliziani di Hamas e di altre organizzazioni presenti nella striscia di Gaza grazie alle predizioni fatte su un modello stocastico e utilizzando una serie di dati che individuavano determinati parametri. Una volta individuati i bersagli grazie a Lavender, l'altro programma di intelligenza artificiale, Habsora, ha individuato i luoghi dove i miliziani probabilmente si trovavano questo sempre grazie all'analisi degli spostamenti degli individui identificati come bersagli, degli orari in cui avvenivano tali spostamenti ecc. tutto questo, ovviamente, grazie al solito modello matematico che calcola la probabilità dell'evento.

Come è facilmente intuibile, siamo di fronte ad una vera e propria catena di montaggio dell'omicidio e della strage che più che intelligenza artificiale può essere chiamato Carnefice Artificiale, il quale prima che di vite si ciba di dati: quelli necessari per il calcolo della probabilità. Dati che sono estrapolati dall'enorme e distopico sistema di sorveglianza israeliano che scandaglia la vita dei 2,3 milioni di palestinesi che vivono a Gaza: Informazioni visive, informazioni cellulari, connessioni ai social media, informazioni sul campo, contatti telefonici, foto, email, contatti, interessi, tutto è utile a Lavender per emettere la sua sentenza di colpevolezza (ovvero di appartenenza ad una organizzazione paramilitare palestinese) che poi sempre grazie ai dati sugli spostamenti “dati in pasto” ad Habsora si trasformeranno in una sentenza di morte.

Da dove si origina questo enorme apparato di controllo che è letteralmente la miniera di dati che alimentano il Boia Artificiale Bifronte (i softwere Lavender e Habsora) ce lo spiega un bel saggio scritto da Antony Loewenstein, “Laboratorio Palestina – Come Israele esporta la tecnologia dell'occupazione in tutto il mondo” (1) e appena pubblicato.

Si tratta di un opera davvero pregevole perché dà al lettore una precisa e puntuale disamina di come sia nata l'enorme macchina del controllo israeliana che opprime in maniera asfissiante i palestinesi e che è fatta di softwere trojan che spiano internet, i telefoni e qualsiasi tipo di database; di videocamere e di droni che controllano gli spostamenti delle persone e di softwere di Intelligenza Artificiale che analizzano i dati emettendo prima sentenze di condanna a morte e poi effettuando le esecuzioni per mano di quello che è – di fatto – un boia meccanizzato e integrato.

Ma questa opera non è solo inchiesta giornalistica - pur pregevole e senza sconti - è anche il tentativo dell'autore di dare un senso a tutto questo. Non basta spiegare i pur interessanti risvolti economici della costruzione stratificata di un enorme macchina tecnologica che prima è stata macchina di controllo e che, ora, è addirittura macchina di morte, con il fatto che le vendite di armamenti israeliani, nel 2021, hanno fatto registrare il valore più alto di sempre, raggiungendo l'iperbolica cifra di 11,3 miliardi di dollari; armi che - va detto - raggiungono quasi sempre l'Europa che è di gran lunga il cliente principale di Tel Aviv.

Ciò che è veramente importante in questo saggio, è che traspare un'analisi politica che prova a dare un senso a tutto questo anche con la coniazione di un neologismo secondo me molto efficace: il netanyahuismo ovvero una visione della politica spiegata nell'opera dalla citazione delle parole dello scrittore ebreo Peter Beinart, «il futuro non apparteneva al liberalismo come lo intendeva Obama – tolleranza, pari diritti e Stato di diritto –, ma al capitalismo autoritario: governi che combinavano un nazionalismo aggressivo e spesso razzista con la potenza economica e tecnologica. I leader vincenti del futuro, lasciava intendere Netanyahu, non avrebbero assomigliato a Obama ma a lui». Magari certo, la visione di Beinart è un po' manichea e troppo “santificatrice” di Obama, ma è certamente vero che un simile capillare strumento di controllo costruito negli anni e soprattutto la sua esportazione all'estero (magari “a pezzi” per non dare nell'occhio) può essere giustificato solo con la volontà politica di passare ad un governo della polis, non più liberale ma secondo l'egida del netanyahuismo e del capitalismo dispotico.

(1) Antony Loewenstein, Laboratorio Palestina – Come Israele esporta la tecnologia dell'occupazione in tutto il mondo, Fazi Editore (2024)

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