Myanmar a rischio collasso. La denuncia dell'ICG

Mentre il presidente americano Obama si prepara a visitare il paese la prossima settimana, l'organizzazione non profit International Crisis Group ha denunciato con un rapporto di lunedì che la violenza tra buddisti e musulmani nelle regioni occidentali del Myanmar potrebbero minare gli sforzi riformatori in atto nel paese, dopo anni di rigida dittatura militare. Obama sarà il primo presidente americano democraticamente eletto a visitare il Myanmar, fornendo un importante supporto internazionale agli sforzi del governo del presidente Thein Sein verso la democrazia.
"Le violenze etniche nello stato di Rakhine sono di gravi preoccupazioni", ha denunciato l'ICG. "E c'è la possibilità che le stesse violenze possano esplodere anche altrove, con il nazionalismo etnico che sta aumentando nel paese." Il bagno di sangue e le violenze di questi mesi hanno comportato una sostanziale segregazione tra i due gruppi etnici: con le autorità che non sono riuscite a risolvere le cause di questo malessere, le violenze potrebbero ricrearsi causando "il deterioramento di entrambe le comunità e dell'intero paese”. "Tutte le principali città del paese hanno minoranze musulmane significative", sottolinea ancora il rapporto "e se le violenze nello stato di Rakhine si dovessero evolvere in conflitto religioso in tutto il Myanmar, il paese potrebbe compromettere tutto il processo di riforma intrapreso”.
Nello stato di Rakhine, le violenze sono riprese dal maggio scorso, quando una donna buddista è stata violentata ed uccisa da tre musulmani. In una spedizione punitiva, la comunità buddista ha poi ucciso 10 musulmani per vendetta, anche se totalmente estranei all'incidente, generando un'escalation di violenze settarie, riaccesosi il mese scorso per ragioni ancora non ben definite. 89 morti ed oltre 22 mila persone, la maggior parte musulmani, sono al momento senza casa e dispersi per le violenze, il bollettino fornito dall'inviato dell'Onu a Yangoon. Ad agosto, il governo centrale ha creato una commissione per investigare sulle violenze, rinunciando ad una inchiesta delle Nazioni Unite.

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