Nord Stream, la Guerra Fredda passa anche attraverso l’energia


PICCOLE NOTE


La Guerra Fredda passa anche attraverso l’energia. In Europa si traduce nella guerra per impedire il raddoppio del gasdotto Nord Stream (che passa sotto il Baltico), che accrescerebbe la capacità dei russi di vendere “energia liquida” al Vecchio Continente.

Scrive Luca Pagni sulla Stampa di oggi: «Gli Usa stanno facendo lavoro di lobby a Bruxelles per convincere gli “alleati” a non sostenere il progetto del raddoppio del Nord Stream».

«Per quanto gli Usa sono destinati, secondo l’agenzia internazionale dell’energia, a divenire il primo fornitore di gas liquefatto globale superando Qatar e Australia», scrive ancora Pagni, «gli americani sono interessati soprattutto ad abbassare la dipendenza dell’Europa da Gazprom, dipendenza che potrebbe aumentare nei prossimi anni tenendo conto dei problemi di fornitura dall’Africa (Libia in particolare, per la situazione politica) e dei giacimenti in via di esaurimento del Mare del Nord».

Oggi il gas americano costa molto più di quello russo, una situazione che permarrà per alcuni anni dal momento che gli Stati Uniti hanno appena iniziato un vero sviluppo del settore. Vendere all’Europa è il volano ideale per lanciare in via definitiva e stabile il nuovo destino americano. Da qui anche le pressioni per staccare Bruxelles da Mosca.

Si tratta di una guerra vera, tanto che questa criticità si intreccia in maniera inestricabile con quella riguardante la situazione politica in Ucraina, che la rivoluzione di Maidan ha distanziato da Mosca mettendo a rischio la funzionalità del gasdotto che attraversa questo Paese per giungere in Europa.

Il maccartismo di cui è preda l’Occidente si spiega anche con questa situazione. Certo, è passato il tempo in cui l’energia era l’unico motore del mondo, stante che ormai è la preminenza tecnologica a dettare la preminenza globale. Ma non per questo il suo ruolo è diventato secondario, anzi.

La Russia ha da perdere in questo confronto, ma non troppo: ha già iniziato a diversificare, come scrive Pagni, vendendo energia alla Turchia e soprattutto alla Cina, il cui prorompente sviluppo economico rappresenta un volano ideale per Mosca.

Chi perderà davvero, se Washington vince la guerra del gasdotto, è l’Europa, che sarà costretta a comprare dagli Usa a prezzi maggiorati e soprattutto sarà ancora più dipendente “dall’alleato” transatlantico.

Non si tratta di essere anti-americani, solo di dare alla parola “alleato” il suo vero significato. Il termine, infatti, suppone un rapporto tra liberi e pari. Oggi non è proprio così, domani rischia di esserlo molto meno.

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