Palestina occupata. Una bimba, più pallottole che anni, ma nessuna lacrima dagli ipocriti

di Paola Di Lullo

Gerusalemme Est, Palestina, domenica pomeriggio. Fa caldo, si esce, si passeggia. Accanto alla Porta di Damasco c'è, tra la folla, Fatima Afif Abd al-Rahman Hjeiji, 16 anni, del villaggio di Qarawat Bani Zeid, distretto di Ramallah. È a circa dieci metri dalla polizia di frontiera israeliana, diranno poi dei testimoni presenti sul luogo.



All'improvviso, un poliziotto urla "coltello!" e comincia la mattanza. Fatima viene centrata da un primo proiettile al petto, e cade a terra. Ma loro, i paladini della giustizia, non si fermano. Sparano in cinque, in ogni direzione, oltre che sul corpo di Fatima. Venti, saranno i colpi contati sul suo corpo, tutti alla schiena, tranne il primo. Altri, verranno rinvenuti su un'auto, parcheggiata nelle vicinanze, a testimoniare la ferocia con cui, uomini armati ed addestrati, si sono accaniti contro una ragazzina. Armata, con tanti forse e punti interrogativi, di un coltello.



Come da prassi, i portavoce della polizia israeliana dichiareranno che la ragazzina si sarebbe avvicinata ad i poliziotti brandendo un coltello, gridando Allah Akbar e che sarebbe stata ritrovata una sua lettera d'addio alla sua famiglia, con i versi del Corano e la firma "martire".

Come da prassi, un'altra famiglia palestinese ha dovuto seppellire la propria figlia, rea, se si vuol credere alle dichiarazioni israeliane, di aver cercato di opporsi ad una vita di soprusi, umiliazioni, vessazioni quotidiane. Chi non ha mai visto i volti terrorizzati dei bambini palestinesi ad un checkpoint farà fatica a capire, ma questo è un altro discorso. Il punto è che il popolo palestinese ha tutto il diritto di opporsi all'occupazione, con tutti i mezzi in suo possesso, lotta armata inclusa, ammesso che fosse ciò che cercava di fare Fatima. Lo dicono due risoluzioni Onu, la 3070, 1973, che afferma il "diritto di ogni popolo a resistere in qualsiasi modo di fronte alla barbarie colonizzatrice e criminale, inclusa la resistenza armata. È un diritto inalienabile". E la 3246 del 1974 che "riafferma la legittimità della lotta di un popolo per liberarsi da una dominazione coloniale e straniera, con tutti i mezzi possibili, inclusa la lotta armata".

Ma per Israele, le risoluzioni ONU, il diritto internazionale, la Convenzione sui diritti del fanciullo sono carta straccia, con il placet di tutte le "democrazie" occidentali e delle petromonarchie del Golfo Persico.

Ed allora, che la mattanza continui in silenzio.

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