Sandrino Marra - L'ordine mondiale che non c'è

di Sandrino Luigi Marra

La distorsione che giunge attraverso l’informazione e anche attraverso quello che possiamo definire un etnocentrismo occidentale distoglie la visione di un mondo in cambiamento e con cambiamenti geopolitici importanti che dal punto di vista economico dettano e detteranno un nuovo assetto mondiale.

Un assetto che ha una importante differenza se viene analizzato nei dettagli, è un assetto che coinvolge un numero enorme di persone, quello che un tempo, in modo altezzoso definivamo Terzo Mondo. Tale nuovo assetto che a contare gli individui ammonta ad oltre tre miliardi e mezzo di esseri umani, definisce una maggioranza di popolazioni senza eguali. Resta antesignano il nostro modo di vedere, pensando ad un occidente potente economicamente e soprattutto militarmente, a guida USA, il quale attraverso una serie di alleanze vorrebbe essere ancora ed a lungo il riferimento mondiale. Ma messi insieme parliamo di una entità umana che a malapena giunge ai cinquecento milioni di individui, con risorse ambientali praticamente inesistenti se paragonata a quell’assetto che conosciamo come BRICS, ovvero l’acronimo che sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. E non si tratta esclusivamente di miliardi di persone, ma si tratta di nuove economie, vivaci, intraprendenti, tecnologicamente avanzate ed in grado di creare tecnici in ogni campo di altissimo livello.

Senza guardare come accennato alle risorse ambientali che queste posseggono. In qualche caso hanno anche qualche preoccupazione per la produzione alimentare, ma le risorse economiche e tecniche gli permettono di approvvigionarsi in luoghi del pianeta dove le ex potenze coloniali oggi sono di fatto allontanate, ma cosa ancora più importante, non hanno bisogno di conflitti per procura per conservare un proprio ordine mondiale.

La visione di un nuovo assetto diviene chiaro quando si guarda l’appoggio ai conflitti in corso. Gli USA e l’Europa con il conflitto in Ucraina e in Palestina forse si attendevano un appoggio morale da parte del “mondo” per scoprire invece che già con le sanzioni alla Russia l’altra parte del mondo ha fatto “spallucce” e ciò non perché amorali e incoscienti ma perché cominciano a ritenere che il modo di guardare agli eventi da parte occidentale (in parte da questo creati) è a senso unico. Così a guardare con occhio esterno troviamo quattro sconfitte in quattro conflitti in meno di due anni, in Ucraina, a Gaza, nello Yemen e nel Libano, senza contare le “sconfitte” di alleati nel Sahel (vedi Francia) ed il benvenuto di mezza Africa e più a Cina e Russia.

Sono conflitti combattuti in nome di un ordine mondiale che non esiste più, contro un assetto emergente ritenuto più equo, solidale e sicuro dalla maggioranza degli Stati del pianeta. Con conflitti asimmetrici ed armi che possiamo definire asimmetriche e di basso costo con formazioni irregolari che praticano tattiche non convenzionali, le risposte sono vincenti.

Dal nostro punto di vista “etnocentrico” ed occidentale pensiamo che anche in questi conflitti restiamo vincenti, ma non guardiamo o non ci fanno guardare l’altra faccia della moneta, l’altra faccia si chiama “sconfitta”. Sono sconfitte le vicende nel Mar Rosso, dove gli Houthi dello Yemen tengono in scacco merci, economia e in particolare forze armate convenzionali, con pochi mezzi non convenzionali che costano alle potenze presenti nell’area un costo per l’abbattimento di almeno 500-600-700 volte il costo di un razzo costruito in pratica in casa, senza ottenere poi alcunché. In Palestina per quanto vogliamo dire di Hamas, questa è riuscita non solo a sopravvivere, non solo a riportare la questione palestinese al centro delle preoccupazioni mondiali, ma sta erodendo moralmente la leadership americana e degli alleati che anche se toccati dall’orrore delle circa 35.000 vittime civili, continuano imperterriti a dare giustificazioni insostenibili all’azione di Israele, minando anche quella morale legata agli eventi della Shoah.

Nello stesso conflitto a Nord al confine con il Libano, Hezbollah capovolge quelle che in passato erano zone di sicurezza all’interno dei paesi confinanti, costringendo Israele a spostare migliaia di persone da una fascia del proprio territorio per una profondità di 10 chilometri. Contro l’Iran nonostante le azioni di questo in risposta al bombardamento della propria Ambasciata in Siria, non si sono palesati in alcun modo gli alleati mediorientali degli USA, i quali dal 2019 hanno iniziato a riavvicinarsi all’Iran; nel 2022 gli Emirati Arabi Uniti ha riallacciato le relazioni diplomatiche, l’Arabia Saudita continua a dialogare con l’Iran dopo l’accordo dello scorso anno mediato dalla Cina e rifiuta di fare alcunché contro gli Houthi.

Dopo una guerra costata decine di migliaia di morti l’Arabia Saudita si ritrova in uno stato di pace, e sembra proprio non voler in alcun modo tornare al precedente. Per non parlare dell’Ucraina divenuta una guerra di posizione e dove vince chi dispone delle maggiori risorse brute: armamenti, uomini da inviare al fronte, budget, territorio e risorse naturali che alla Russia non mancano di certo.

Nello specifico caso siamo otto-dieci a uno a favore di quest’ultima e con un occidente che messo insieme non riesce a produrre neanche un quarto di ciò che questa produce.

Di fatto le sorti del conflitto dipendono solo da ciò che vorrà la Russia e sarà già un lusso se terminerà con la sola annessione dei territori russofoni. Ma guardando ancora più all’interno delle vicende, anche se gli USA un tempo riuscirono a coalizzare 42 paesi non va dimenticato che furono inviate le fatture di guerra e se guardiamo alla prima guerra del golfo che agli USA costò 7 miliardi di dollari, la fattura per il Giappone che non vi prese parte fu di 13 miliardi, ed il costo di 7 miliardi per gli USA fu meno del 13% del costo totale sostenuto da Germania, Emirati Arabi, Arabia Saudita ed altri ancora e forse a guardar bene almeno i mediorientali hanno compreso che conciliazione, dialogo, diplomazia rendono più di un atteggiamento militare e conflittuale. E a livello globale la sistematica non partecipazione delle grandi democrazie, India, Indonesia, Brasile, ai conflitti designa una visione di queste e del BRICS ben più consapevole e reale che definisce la collaborazione l’arma del futuro, per un futuro di pace.

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