di Giorgio Cremaschi
Il compagno Soumalia Sacko, del Mali, bracciante e sindacalista USB, in lotta nelle campagne della Calabria contro lo sfruttamento infame delle campagne, è stato assassinato. Il colpo di fucile di un cecchino l'ha ucciso. È stato assassinato per la sua lotta in prima fila contro lo schiavismo degli immigrati nei campi di raccolta dei prodotti che poi arrivano sulle nostre tavole. Schiavismo che arricchisce prima di tutto e più di tutto gli sfruttatori italiani, con braccianti pagati 2 euro all'ora. E se ci fosse giustizia, dovrebbero andare in galera PRIMA GLI ITALIANI che guadagnano su questo infame mercato.
Sacko lottava contro tutto questo assieme al suo sindacato e ai braccianti, che ora sciopereranno tra le lacrime.
Sacko è stato ucciso da un killer perché non sopportava più, assieme a tanti altri, la pacchia di Salvini. Che come ministro dell'Interno ora dovrebbe fare una sola cosa: finirla con le chiacchiere razziste e darsi da fare per scoprire gli assassini e i mandanti.
Perché un sindacalista è stato ucciso nei campi come nei delitti mafiosi degli anni 50. Cambia il colore della pelle delle vittime, non l'infamia dello sfruttamento e dei suoi complici. E ancora una volta, come da Portella della Ginestra in poi, il nostro dolore si mescola alla rabbia senza fine per l'assassinio di un giovane lavoratore che aveva osato alzare la testa.
Verità e giustizia per Soumalia Sacko , prima gli sfruttati.
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