La persecuzione in atto contro il partito comunista polacco: quando interviene l'Ue?


"Giù le mani dal PC della Polonia! La persecuzione anticomunista deve cessare! Le inaccettabili leggi anticomuniste devono essere abolite! L'anticomunismo e la riscrittura della storia non avranno successo!". Questa la denuncia del Partito comunista polacco (traduzione di Marx21.it)
Nell'Europa dei diritti umani, del colpo di stato nell'Ucraina che chiude giornali e tv, dell'accordo con il regime repressivo di Erdogan, accade che il 31 marzo 2016, quattro attivisti del Partito Comunista della Polonia siano stati condannati dalla Corte Regionale a Dąbrowa Górnicza per avere fatto propaganda all'ideologia comunista sul quotidiano “Brzask”. Sono stati condannati a 9 mesi di libertà vigilata con l'obbligo del lavoro sociale e al pagamento di multe.
Sentenza sommaria con la corte che non ha adottato la procedura di giudizio abituale e gli accusati non hanno neppure avuto la possibilità di difendersi.
Gli attivisti comunisti sono stati accusati della violazione dell'articolo 256§1 del codice penale: “Chiunque promuova pubblicamente un sistema fascista o un altro sistema di stato totalitario o incita all'odio basato su differenze nazionali, etniche, di razza o religiose o in ragione della mancanza di qualsiasi denominazione religiosa sarà soggetto a una multa, alla pena della restrizione della libertà o alla pena della privazione della libertà fino a un massimo di 2 anni”.
Un precedente tentativo di modificare questo articolo con l'aggiunta di un divieto dei simboli comunisti fu accolto da proteste sia in Polonia che all'estero. Il 19 luglio 2011 fu revocato dalla Corte Costituzionale che lo ha proclamato in contraddizione con il principio della libertà di parola.
Le accuse contro gli attivisti del Partito Comunista della Polonia per la promozione di un sistema totalitario sono l'ultimo esempio di equiparazione del comunismo con il fascismo e di divieto dell'attività comunista. "Il verdetto di condanna dei comunisti polacchi è stato emesso nello stesso momento in cui, il 1 aprile, il Parlamento votava una legge sul “divieto di promozione del comunismo” che costringe le autorità locali a cambiare i nomi delle strade e di altri oggetti che sono associati al comunismo, il che rappresenta un attacco contro le tradizioni del movimento operaio. L'Istituto della Memoria Nazionale ha creato un registro e chiede alle autorità locali la liquidazione dei monumenti ai Soldati Sovietici a ad altri che richiamano il comunismo. La devastazione e la liquidazione dei monumenti e la falsificazione della storia sono caratteristiche comuni della pratica fascista".

L'ipocrisia davvero inaccettabile è di chi in Italia commemora il 25 aprile, ma poi non si indigna, anzi sostiene un regime, quello dell'Unione Europea, che permette nuove persecuzioni di stampo fascista.

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