Verso la libertà: il Regno Unito scriverà la storia?


Tra qualche ora sapremo se i cittadini britannici, chiamati a prendere una decisione storica, avranno scelto "Brexit" o "Bremain". Entrambi i campi hanno condotto feroci campagne per inclinare il voto nella loro direzione, e anche se secondo gli ultimi sondaggi, il campo del "Leave" è leggermente in vantaggio, il risultato è molto incerto.
Si tratta di un momento raro nella storia, scrive Claudio Grass su Acting-Man.com. Gli inglesi non hanno potuto dire la loro da quando hanno votato per aderire alla Comunità europea nel 1975. Ciò che è stato inizialmente pensato come un progetto per unire l'Europa in un mercato comune, con i benefici del libero scambio e grandi promesse di crescente ricchezza nazionale, si è mutato in una entità completamente diversa.
Gli inglesi si sono invece trovati ad essere trascinati in una economia regionale a crescita zero, una moneta debole e Stati fortemente indebitati .
Se il Regno Unito 'Bremains' ...
Se i britannici voteranno per il "Bremain", la Gran Bretagna inizierà a operare con uno "status speciale" all'interno dell'Unione, dopo che il primo ministro David Cameron ha rinegoziato il rapporto della Gran Bretagna con l'UE, in previsione del referendum. Cameron ha provato a cambiare alcune delle regole dell'accordo, per rispondere alle preoccupazioni della popolazione britannica.
La questione della 'sovranità' è la prima nella lista delle rimostranze più comuni anti-UE, con la popolazione che avvertiva che il paese non aveva più voce in capitolo nei propri affari, ed era sotto pressione per rispettare le norme UE in quanto parte di una unione più grande. Cameron è riuscito ad avere il Regno Unito svincolato da ogni impegno di essere politicamente integrato nel corpo UE, e ci sono stati negoziati sul concedere un pò di autonomia e potere ai parlamenti nazionali, attraverso il "meccanismo di cartellino rosso" (cioè se il 55% dei parlamenti nazionali si oppone, si può bloccare una proposta presentata dalla Commissione europea).
Questa proposta, tuttavia, non modifica in alcun modo il rapporto GB-UE,ed è anche improbabile che sia messa in pratica come il preesistente cartellino "giallo" che è stato usato solo due volte finora. Così, la questione dell''autonomia britannica rimane senza risposte
In materia di auto-governo economico, Cameron ha ottenuto un riconoscimento esplicito che l'euro non è la moneta unica dell'Unione europea, e che il Regno Unito non sarà sotto pressione per contribuire al salvataggio della zona euro. Ma per quanto riguarda l'economia britannica di per sé?Le imprese britanniche hanno a lungo lamentato la perdita di competitività. In generale, il mercato unico europeo rende più facile spostare denaro e prodotti e concede alle imprese una grande base di consumatori.
Tuttavia, i dati diffusi dall'Ufficio per le statistiche nazionali gettano una luce diversa su questo punto: l'Europa è diventata un partner commerciale meno importante. Nel 2000, l'Unione europea ha rappresentato il 60% delle esportazioni totali del Regno Unito. A partire dall' aprile 2016, questo dato è sceso al 48%. Nel frattempo, le importazioni dall'UE sono state nel range del 47% al 55% dalla fine del 2014, e sono in tal modo contribuendo ad un deficit commerciale in crescita.
Secondo l'amministratore delegato della campagna "VotaeLeave", Matthew Elliott, il calo delle esportazioni del Regno Unito verso l'Europa è legato alle cattive condizioni economiche nella zona euro, riducendo così la domanda dall'Europa, mentre la domanda da parte dei partner extra-UE è cresciuta. Pertanto, una Brexit consentirà alle imprese britanniche di parlare per sè stesse, invece di parlare come uno dei 28 paesi. Il grafico sottostante riflette l'aumento della bilancia commerciale dei partner commerciali extra-UE, rispetto all'UE, in particolare dal 2012.

L'immigrazione e il suo impatto sul mercato del lavoro domestico è un'altra grande preoccupazione per gli elettori. Secondo gliultimi dati dell'Ufficio per le statistiche nazionali, la migrazione annuale netta verso il Regno Unito ha raggiunto livelli record a 336.000 nel mese di giugno 2015. Ironia della sorte, dopo la sua vittoria elettorale dello scorso anno, David Cameron si era impegnato a portare il saldo migratorio sotto i 100,000 - probabilmente una promessa troppo ottimista, visto che l'ultima volta che la cifra era così bassa era nel 1997.
Non è un caso che il 1997 è stato l'anno in cui il partito laburista (fondato dalla società Fabian) è salito al potere. Andrew Neather, ex consigliere di Tony Blair, ha rivelato che la vera natura dietro la politica di immigrazione di massa favorita dal partito laburista era politicamente diretta a contribuire a costruire un "paese veramente multiculturale ".
Anche se Cameron è riuscito a limitare alcune delle prestazioni erogate ai lavoratori migranti, non è riuscito a trovare un accordo che avrebbe fatto la differenza più grande: imporre quote di immigrazione. In realtà, l'approccio di Cameron ha reso le cose peggiori: non riuscire a limitare l'immigrazione e contemporaneamente decidere di tagliare la spesa pubblica è una ricetta per il disastro; non farà che aumentare il rischio che la crisi migratoria sfoci in tensioni e violenze.
L'immigrazione è infatti divenuta una crisi e gli inglesi sono stati costretti ad affrontare le nuove realtà che sono venute con essa. Non solo influenza il mercato del lavoro, ma ha colpito anche la cultura britannica, anche la lingua. Già nel 2009, l'inglese non era la prima lingua di più di mezzo milione di studenti nelle scuole primarie della Gran Bretagna. In Gran Bretagna e altrove l'ondata di immigrazione di massa è spesso presentata come un grande balzo in avanti, avvicinando la società britannica a quelle multiculturali, un concetto che è stato a lungo promosso come l'ideale.
Tuttavia, sotto la superficie, questa idea pesantemente commercializzata di "multiculturalismo" e " marxismo culturale " ha ben poco a che fare con la diversità e gli scambi culturali positivi. In sostanza, si consente ai governi di intervenire estensivamente nella società, con il pretesto di agire come un protettore delle minoranze che crescono sempre più dipendenti dallo stato. La divisione sociale, tensioni e discordie che inevitabilmente ne derivano, forniscono un terreno fertile per ulteriori restrizioni alle libertà personali e di auto-determinazione.
Se vince la Brexit ..
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Il campo della Brexit sostiene che la Gran Bretagna ha perso la sua sovranità e autonomia decisionale, e paga un prezzo elevato, sia economico che politico, di essere parte dell'Unione. La crisi dell'immigrazione e l'incapacità di reagire ad essa è semplicemente un'altra manifestazione di questa eccessiva centralizzazione.
Dopo una Brexit, però, la Gran Bretagna non dovrebbe più rispondere ad una entità superiore, né sarebbe vincolata da essa. Godrebbe di più autodeterminazione e sarebbe in grado di affrontare direttamente gli interessi del pubblico britannico. Ciò non significa che ci sarà meno commercio o che la Gran Bretagna schiuderà le sue frontiere in nome del protezionismo. Non dimentichiamo, il Regno Unito è la seconda più grande economia in Europa, una Brexit sarebbe un duro colpo per l'Unione europea.
Con questo potere da sfruttare ben in mente, un indipendente del Regno Unito può semplicemente rinegoziare i suoi accordi commerciali, e molto probabilmente ottenere un accordo migliore nel complesso. Una Brexit, nonostante le previsioni di "morte e distruzione" e gli avvertimenti del campo del Bremain, permetterà al paese di fare liberamente, a seconda di quale decisione è giusta per i suoi cittadini in un dato momento nel tempo.
Il referendum del Regno Unito è infatti di grande importanza, ma c'è un altro paese che ha già sperimentato un'uscita dall'UE, ma nessuno sembra ricordarsene: la Groenlandia, un territorio danese autonoma, che ha votato in un referendum nel 1982 per lasciare la CEE (Comunità economica europea), il predecessore dell'UE.
I pescatori groenlandesi hanno voluto porre fine alle restrizioni sulla quantità di pesce che potevano pescare dalle proprie acque e l'esito del referendum ha ottenuto esattamente questo; e di più: alla Groenlandia è stato dato libero accesso tariffario al mercato comunitario dei prodotti della pesca. La Groenlandia ha impiegato tre anni per negoziare con successo questa uscita, ma è successo.
Il significato di un risultato Brexit va anche al di là dell'economia, giochi politici regionali e le relazioni commerciali. Sarebbe anche segnare una svolta culturale e filosofica: una Brexit sarebbe un atto di illuminazione moderno. Come Kant ha scritto 250 anni fa:
L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo.
Ogni amante della libertà sul pianeta ha gli occhi fissi su questo referendum. Un voto a maggioranza chiara per la Brexit e quindi per una maggiore decentralizzazione, mostrerebbe che gli inglesi si sono resi conto che possono liberarsi da uno stato di minorità e recuperare la libertà individuale.
Sarebbe a dir poco un atto di coraggio sfidare lo status quo e la possibilità per gli inglesi di parlare per loro stessi.

Scrivendo da una piccola città in Svizzera, conlude l'autore, vorrei che il pubblico britannico optasse per un Regno Unito sovrano, per il gusto della libertà, l'autodeterminazione e la pace.

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