PESCO, L'Europa "della pace" si prepara alla guerra


Durante il Consiglio europeo della settimana scorsa ha preso il via la Permanent Structure of Cooperation (Pesco). Alla cooperazione strutturata permanente sulla sicurezza e la difesa hanno aderito 25 Stati membri (sono rimasti fuori il Regno Unito, la Danimarca e Malta).

Il nuovo patto di cooperazione è parte di una più ampia spinta per promuovere l'integrazione europea. L’addio del Regno Unito è stato determinante perché il governo britannico è sempre stato scettico nei confronti dell’idea di mettere insieme una struttura di cooperazione militare incentrata sulla Ue, dato che intende continuare a considerare la NATO come lo strumento principale di organizzazione della difesa europea.

La cerimonia per il lancio della Permanent Structure of Cooperation (Pesco) è avvenuta a margine del Vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue. Il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha dichiarato con toni trionfalisti: “la Pesco, un’espressione pratica della nostra volontà di costruire la Difesa europea, è una buona notizia per noi e per i nostri alleati e una cattiva notizia per i nostri nemici.”

Questo risultato è anche un successo dell’istituzione europea condotta da Federica Mogherini, quella EU External Action che da noi viene presentata come una specie di Ministro degli esteri dell’Unione europea ma che ascoltando la Mogherini sembra anche – se non di più – un Ministero della Difesa. Ecco le sue dichiarazioni all’ingresso del summit, da leggere molto attentamente:

“Oggi è un giorno storico perché esattamente 10 anni dopo la firma del trattato di Lisbona abbiamo trasformato in realtà una delle disposizioni del Trattato. La Struttura Permanente di Cooperazione è stata lanciata lunedì dai ministri degli esteri di 25 stati membri, una decisione storica che trasforma la Ue in un credibile fornitore di sicurezza a livello globale. Avremo 17 progetti concreti sui quali i 25 stati membri che hanno avviato la cooperazione inizieranno a lavorare con noi e il lavoro continuerà. Il mio team è già al lavoro per avviare ulteriori lavori sulla sicurezza e la difesa della Ue. Non solo per la realizzazione di questi progetti, ma anche per la possibilità di schierare uno dei nostri gruppi tattici in uno dei teatri di crisi che abbiamo nel mondo. Possiamo lavorare all’istituzione di una struttura europea per la pace. Nel prossimo quadro finanziario pluriennale proporrò di istituire questo strumento per avere la garanzia di finanziare in maniera adeguata il livello di ambizione che abbiamo in materia di sicurezza e difesa. Questa non sarà una militarizzazione del bilancio della Ue, ma sarà un modo per essere più flessibili, agili e operativi ogni volta che sarà necessario, e vediamo che in tutto il mondo c'è un forte bisogno di una Ue che sia attiva come punto di riferimento, come un attore fondamentale mentre gli altri stanno prendendo direzioni diverse.”

Adesso, leggendo le parole della Mogherini risulta più chiaro il concetto di “azione esterna” a cui si riferisce il nome dell’istituzione che rappresenta. A giudicare dalla gioia con cui è stato accolto questo passo avanti verso una maggiore integrazione militare sembra proprio che vista da Bruxelles la politica estera dell’Unione non sia altro che lo schieramento in giro per il mondo di missioni militari sventolanti la bandiera blu con le stelle gialle. Nel dicembre del 2016 i leader dell'Ue avevano già concordato un piano per approfondire la cooperazione in materia di sicurezza e difesa. Il Piano per la Sicurezza e la Difesa Comune (CSDP in inglese) si concentra su tre priorità strategiche complementari:

- proteggere la Ue e i suoi cittadini
- rispondere a conflitti e crisi esterne
- rafforzare le capacità dei nostri partner

La missioni in corso già da molti anni sono queste:




Anche se a essere impiegate non è un numero elevatissimo di persone, il panorama delle operazioni in corso è già molto vasto con missioni schierate in Europa Orientale, Nord Africa, Africa Occidentale, Corno d’Africa e Medio Oriente. Non c’è un modello unico per queste missioni, ogni operazione coinvolge alcune forze armate di alcuni stati membri (e non) che hanno scelto di organizzarsi e schierarsi caso per caso. Facciamo qualche esempio:

- L’EUTM Somalia è una missione per l’addestramento, guidata dall’Italia, e non prevede azioni militari dirette, mentre l’EU NAVFOR Atalanta, sempre in Somalia, è una missione di pattugliamento navale anti-pirateria che coinvolge paesi della Ue e paesi che non fanno parte né della Ue, né della NATO (come Serbia, Montenegro e Ucraina).

- L’EUTM Mali è anch’essa una missione di addestramento ma è guidata dalla Francia e prevede azioni militari. In questo caso però la missione della Ue è arrivata dopo quella di coinvolgimento diretto nel conflitto condotto esclusivamente dalle forze armate francesi.

- L’EUAM Ucraina invece è una missione di sostegno per la sicurezza civile in Ucraina. Il personale non è armato e a guidare la missione è un ungherese. Missioni simili – con personale armato o meno – le troviamo anche in altre situazioni di nation building, ma ognuna è comuque un caso a se stante.

- Anche l’EUCAP SAHEL in Niger in teoria è una missione con l’obiettivo di addestrare, formare e insegnare tante belle cose alle forze di sicurezza del Niger. Però poi succede qualcosa di strano e scopriamo che lì in Niger c’è una guerra fantasma di cui sappiamo molto poco. La storia della morte in battaglia di quattro Berretti Verdi americani nel deserto del paese africano ha coinvolto Donald Trump e accendendo i riflettori su un conflitto sconosciuto, lasciando più domande che risposte. Adesso che in nome della protezione della Ue l’Italia sta per mandare in Niger 470 soldati e 130 veicoli la cosa dovrebbe interessarci direttamente. Oltre ai francesi e agli americani, sono lì anche i tedeschi, in uno scenario di guerra molto difficile e pericoloso, non una semplice missione di peacekeeping o di addestramento.

Potrei andare avanti con gli esempi, ma quanto visto fino adesso è sufficiente per chiedersi cosa sarà esattamente questa Pesco.

All’atto pratico però, gli stati membri continueranno a prendere parte a delle missioni organizzate dalla Ue ma solo ed esclusivamente su base volontaria. Non saranno obbligati a farlo. La promessa della Mogherini di schierare “uno dei nostri gruppi tattici in uno dei teatri di crisi che abbiamo nel mondo” è subordinata alla decisione dei singoli stati nazionali, non saranno la sua EU External Action o la Commissione europea ad avere il potere di prendere questa decisione e metterla in pratica.

Altro obiettivo dichiarato della Pesco è quello di rendere più efficienti bilanci destinati alla difesa. L’idea sembra essere quella di fare in modo di che i paesi europei abbiano tutti quanti le stesse armi e gli stessi mezzi, quindi non più 19 modelli diversi di carro armato, 29 di navi e 16 di aerei. Probabilmente è questo il vero obiettivo di medio termine, potenziare il sistema industriale militare di alcuni paesi creandogli un mercato di sbocco obbligato, basti pensare a tutti i paesi dell’Est (ma non solo) che devono ammodernare i loro arsenali. Francia e Germania non aspettano altro, e anche l’Italia ha le sue industrie belliche capaci di prendersi una fetta della torta. Forse è per questo che siamo coinvolti in così tante operazioni militari internazionali.

L’obiettivo dichiarato della Pesco è integrare le forze armate degli stati membri fino ad arrivare alla creazione di una Difesa unica.

La Cooperazione strutturata permanente (Pesco), che è stata inizialmente definita nel trattato di Lisbona, consentirà agli Stati
membri di sviluppare congiuntamente capacità militari, investire in progetti condivisi e potenziare le rispettive forze armate.

L’obiettivo è integrare le forze armate degli stati membri fino ad arrivare alla creazione di una Difesa unica. Se fra 5 anni non si vedranno significativi passi avanti verso questa direzione o se le cooperazioni realizzate finiranno con il creare divisione a causa della competizione tra i progetti, allora la Pesco si rivelerà un fallimento. Almeno per adesso però non è il caso di credere che questo sia l’inizio di una forza armata europea in grado di agire per conto proprio scavalcando le decisioni degli stati nazionali.

Non siamo ancora a questo punto, le differenze di vedute sono ancora troppe.

Tuttavia, il fatto che la Pesco sia un’ulteriore strumento operativo nelle mani di stati nazionali in competizione tra loro sotto la falsa bandiera dell’unità europea non la rende meno pericolosa.

Federico Bosco

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