Martedì comincia il voto per il referendum tra i 463.713 iscritti della SPD che dovranno esprimersi sulle 179 pagine dell’accordo definitivo di Grosse Koalition (GroKo) con la CDU/CSU di Angela Merkel. Gli iscritti potranno votare online e per posta durante le prossime due settimane e i risultati saranno comunicati solo il 4 marzo. Il risultato è incerto, in generale si può dire che gli anziani (non solo in senso anagrafico) del partito sono per l’approvazione mentre gli attivisti più giovani si oppongono. Sarà lo scontro generazionale a determinare il futuro della GroKo, della Germania e forse anche dell’Unione Europea.
Intanto, venerdì è stato pubblicato l’ennesimo sondaggio elettorale – elaborato da ARD/Deutschland-Trend – dove la SPD segna il risultato più basso di tutti i tempi. Il partito social-democratico è scivolato al 16% a un solo punto di distanza dal 15% di AfD che a questo punto si candida a diventare il secondo partito del prossimo Bundestag. I sondaggi mettono in risalto anche la disapprovazione del 55% dei tedeschi per la GroKo.
In questo scenario così incerto e difficile, il comportamento della leadership socialdemocratica non è di aiuto per gli iscritti. Dopo il passo indietro di Martin Schulz, è probabile che anche Sigmar Gabriel venga costretto ad abbandonare il Ministero degli Esteri a causa del mancato supporto della leader entrante Andrea Nahles e di Olaf Scholz, presidente del partito e candidato a diventare Ministro delle Finanze. Tra i vertici social-democratici ci sono molti veleni irrisolti risalenti alla presidenza di Gabriel ma rottamarlo e sostituirlo è difficile perché nel partito non ci sono molte figure pronte per quella carica. Katarina Barley, Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali, vuole il posto di Gabriel nonostante non abbia alcuna esperienza in materia di affari esteri. Questa situazione sta rafforzando l’impressione che la leadership della SPD sia interessata soltanto alle poltrone ministeriali e che per loro la GroKo è semplicemente un dare/avere tra le parti senza curarsi della volontà dell’opinione pubblica e della base.
Nella CDU/CSU non va meglio. Nel partito di Angela Merkel si discute della perdita dei ministeri importanti e della mancanza di connotazione politica dell’accordo di coalizione. L’accusa di Henning Otte – membro del direttivo della CDU – è che in questi anni il partito ha perso identità diventando soltanto un grigio esecutore dell’agenda di governo. Inoltre, nella CDU non è stata ancora accettata la perdita del Ministero delle Finanze che fu di Wolfgang Schaeuble e viene vista male la virata a sinistra su alcuni temi. Un’altra pesante critica interna è quella di Norbert Rottgen, presidente del comitato per gli affari esteri del Bundestag che ha accusato il partito di aver permesso il degrado delle forze armate portandole all’incapacità. Rottgen è arrivato a dire che le forze armate tedesche non sono più in grado di garantire la sicurezza della Germania e degli alleati della NATO e che questa situazione sta minando la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato. Tra i bavaresi della CSU invece viene molto criticata l’assegnazione alla SPD di due ministeri importanti come quello delle Finanze e degli Esteri.
Tutte queste critiche riguardano direttamente Angela Merkel. Nella CDU e nella CSU la ribellione per adesso ha una postura più composta rispetto alla squallida litigiosità che vediamo nella SPD ma la Cancelliera è comunque stata messa sotto pressione.
Il naufragio della GroKo non significa necessariamente elezioni anticipate. Anche in Germania il Presidente della Repubblica può decidere se sciogliere immediatamente le camere o cercare maggioranze alternative. Il Cancelliere tedesco viene eletto a maggioranza assoluta solo nei primi due turni, dopodiché è sufficiente un voto a maggioranza semplice per dare vita a un governo di minoranza. Ecco gli scenari che si aprirebbero in caso Walter Steinmaier dovesse decidere di non andare a nuove elezioni dopo il fallimento del referendum per il governo di coalizione:
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