Il messaggio di Erdogan con l'Ue è sempre vincente: "L'Europa paghi, o la ricopriremo di rifugiati."

Nel vertice di Ankara tra Putin, Erdogan e Rouhani è stato deciso il futuro della Siria, che secondo i tre leader resterà integra senza eccezioni. Sorvolando sulle divergenze geopolitiche di di Russia, Iran e Turchia che inevitabilmente si presenteranno nella formazione nel nuovo Medio Oriente che si propongono di costruire, nel vertice trilaterale si è parlato anche della ricostruzione della Siria e del ritorno dei rifugiati. Erdogan ha puntato il dito contro l’Occidente e ricordato che la Ue non ha versato tutta la quota di aiuti promessi in cambio del contenimento del flusso migratorio. Il messaggio del presidente turco è stato molto più semplice, anche se non esplicito: l’Europa paghi, o la ricopriremo di rifugiati.

Gli accordi tra Ue e Turchia però sono appesi a un filo. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, sei paesi dell’Unione – compresi Francia e Germania – si rifiutano di pagare la prossima tranche di aiuti destinati ad Ankara per contrastare l’immigrazione, mentre altri stanno addirittura pensando a come uscire dall’accordo, come se nessuno avesse mai voluto fare questo patto con Erdogan o come se non ci si fosse resi conto con chi si sarebbe avuto a che fare. Questa tensione mostra ancora una volta la fragilità di un patto scellerato che mira semplicemente a contenere con violenza non dichiarata il flusso di rifugiati che dalla Siria si avventurano lungo la rotta balcanica per raggiungere l’Unione Europea.

La disputa tra Ue e stati membri è su chi deve pagare per cosa. Un terzo della prima tranche dei 3 miliardi di euro previsti è stata pagata dalla Commissione europea mentre i due terzi della parte rimanente deve essere versata dagli stati membri. La Commissione vorrebbe che la seconda tranche fosse alzata in qualche modo, ma Germania, Francia, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia hanno firmato un documento con cui si oppongono alla richiesta. L’alternativa proposta dai paesi ribelli è di prelevare i fondi aggiuntivi direttamente da quelli europei, ma ovviamente il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker è contrario.

Per la Grecia la rottura dell’accordo sarebbe un disastro. Gli arrivi nelle isole greche dell’Egeo oggi sono appena una frazione rispetto a quelli del passato, durante il picco della crisi dei migranti, ma nelle ultime settimane sono aumentati e i centri d’accoglienza nelle isole di Lesbo, Chios e Samos sono già pieni. Una ripresa della migrazione di massa metterebbe in enorme difficoltà il governo di Alexis Tsipras già provato da scandali e contenziosi internazionali politici ed economici.

Come se questo non bastasse, la Grecia ha anche una nuova contesa diretta con la Turchia, che si aggiunge a quelle storiche. Alcune settimane fa due soldati greci hanno attraversato il confine greco-turco per sbaglio e sono stati arrestati con l’accusa di spionaggio, attualmente sono ancora detenuti nelle carceri turche. Ad Atene c’è molta frustrazione per l’incapacità di risolvere la situazione, e l’Unione Europea non è di nessun aiuto. Tsipras ha chiamato Erdogan per chiedergli fare un gesto di buona volontà e rilasciare i due soldati finiti in Turchia per sbaglio, sottolineando il fatto che abbiano violato il confine solo di qualche metro e che in passato la Grecia ha permesso più volte ai soldati turchi di tornare indietro dopo aver fatto lo stesso errore.

Ma Erdogan ovviamente se ne fotte, non ha nessuna fretta di rilasciare i soldati greci e probabilmente li userà come arma di ricatto per negoziare la restituzione degli otto soldati turchi scappati in Grecia durante il tentato golpe del 2016 ottenendo il diritto a restare nel paese. Il Sultano continua a vincere partite su più tavoli – da quelle con la Ue a quelle con la Russia – sfruttando il capitale geopolitico della Turchia in un delirio di onnipotenza e un’arroganza che dal golpe sventato nel 2016 sembra inarrestabile.

Federico Bosco

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