Dazi e nucleare iraniano: l’Europa a geometria invariabile

Angela Merkel, Emmanuel Macron e Theresa May hanno invitato gli Stati Uniti a non imporre dazi sulle merci dell'Unione europea altrimenti il blocco sarà costretto a tutelare i propri interessi. Al centro della battaglia ci sono i dazi che Donald Trump ha imposto sulle importazioni di acciaio e alluminio. L’Ue è stata esclusa dal provvedimento fino alla fine di Aprile, ma domani le cose potrebbero cambiare, da qui l'avvertimento dei tre leader europei. Gli ultimi segnali provenienti dall’alleato d’oltreoceano non sono incoraggianti, durante un comizio in Michigan, Trump ha infatti dichiarato:

la Ue sembra una bella cosa, ma è stata formata per approfittarsi degli USA. Non me la prendo con loro, né con i leader di Cina o Giappone, me la prendo con i nostri passati presidenti (...) non sarà più così, quei giorni sono finiti, dobbiamo aprire quei mercati, è ingiusto”.

Ribadendo il suo sostegno agli agricoltori americani, Trump ha spiegato che quando gli USA affrontano la Cina o l'Ue diventa molto difficile vendere le merci americane per via delle loro barriere commerciali. A questo punto, salvo sorprese, il primo di maggio scoppierà la guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione europea. Domani sapremo cosa ha deciso la Casa Bianca, dalle informazioni trapelate sembra che sarà prevista una proroga dell’esenzione a Canada e Messico mentre della Ue però non si è saputo niente. Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno entrambi sollevato la questione durante le visite a Washington della settimana scorsa, ma non si sono avute notizie della risposta di Donald Trump.

L'imprevedibilità è una delle caratteristiche principali del modus governandi di questo POTUS. Per esempio, Trump potrebbe anche decidere di concedere una proroga dell’esenzione dei dazi come segno di apertura, un’estensione legata a richieste degli Stati Uniti che l’Ue potrebbe trovare difficili da accettare, come la rimozione di barriere non tariffarie e altre tariffe commerciali. Per Donald Trump sarebbe facile insinuarsi nelle divisioni tra Paesi europei chiedendo cose che fanno male a un Paese senza toccarne un altro. Per esempio, una tariffa sulle auto di lusso avrebbe un forte impatto sulla Germania ma non sulla Francia. Trump guarda al commercio europeo come una questione di rapporti bilaterali con i singoli paesi, non come a blocco unitario organizzato in sede Ue, e questo fa impazzire gli europei.

Sulla FAZ di domenica scorsa Cecilia Malmström, il Commissario per il commercio europeo, ha detto che la Ue sta preparando una risposta su tre fronti in ossequio alle regole del commercio internazionale, i tre fronti sono: un richiamo ufficiale al WTO, dazi immediati per proteggere le industrie europee, innalzamento delle tariffe su beni statunitensi per il valore di 2,8 miliardi di euro. I beni interessati da queste tariffe saranno i jeans, il succo d'arancia, il whisky americano e le motociclette Harley-Davidson.

Tuttavia, la reazione dell’Unione europea non farà cambiare idea all’amministrazione statunitense per il semplice motivo che non ha la forza per farlo. La Ue è vulnerabile ai dazi commerciali, molto più vulnerabile degli Stati Uniti. Nel suo editoriale sul FT, Wolfgang Munchau sottolinea che il grande (e crescente) surplus commerciale dell’eurozona – e quindi della Germania – con il resto del mondo è il risultato di quelle politiche mercantilistiche che ancora oggi rappresentano l’unico drive di tutte le politiche dell’Unione europea e dell’eurozona. Questi surplus sono stati determinati da una politica volta a garantire che ogni paese debba raggiungere il pareggio di bilancio o il surplus commerciale. Questa politica è destinata a fallire. L'Ue si è quindi resa vulnerabile al ricatto dei mercati di sbocco, e il più importante tra questi è proprio quello statunitense. Barack Obama non sfruttò mai la capacità di ricatto di questa posizione, Donald Trump invece ha tutta l’intenzione di farlo e ci sta riuscendo perfettamente.

La May, Macron e la Merkel hanno anche ribadito il loro sostegno all'accordo sul nucleare iraniano, pur concordando su un'ulteriore discussione per quanto riguarda i missili balistici e le attività militari iraniane nella regione, argomenti non inclusi nell’intesa attualmente raggiunta con Teheran. Il Joint Comprehensive Plan of Action (JPCA) è uno dei pochi successi diplomatici del lavoro congiunto dell’amministrazione Obama e del servizio di politica estera dell’Unione, ma vista l’ostilità di Washington anche questo accordo andrà ridiscusso e stavolta non sarà Federica Mogherini a farlo. La proposta sul nuovo accordo viene da Macron ed è appoggiata dalla May e dalla Merkel.

Il Presidente francese vorrebbe arrivare a accordo sul nucleare iraniano permanente che includa anche dei vincoli al programma di sviluppo dei missili balistici e al ruolo iraniano in Medio Oriente. Pur volendo presentarsi come le colombe della situazione, i tre leader definiscono le missioni iraniane in Medio Oriente “attività di destabilizzazione regionale” rivelandosi sostanzialmente allineati alla visione dell’Arabia Saudita, di Israele e degli Stati Uniti. Il Presidente iraniano Hassan Rohani però è stato chiaro, secondo quanto riportato da Le Nouvel Observateur avrebbe detto a Macron che l’accordo del 2015 non è rinegoziabile in alcun modo.

Il nuovo Segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, ha detto che il Presidente Trump considera Teheran il più grande sponsor del terrorismo globale e vuole tirarsi fuori dall’accordo il prima possibile. Durante la visita in Arabia Saudita ha confermato ai monarchi di Riyahd che per Washington la sicurezza del Regno della Casa di Saud è una priorità e che il 12 maggio gli Stati Uniti abbandoneranno l’accordo sul nucleare iraniano, calpestando nuovamente gli alleati europei, che come sempre faranno un po’ di rumore, e poi nulla.

Federico Bosco

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