Lugansk. Si fa chiamare Lom, trentotto anni



di Maurizio Vezzosi, Repubblica di Lugansk


Si fa chiamare Lom, trentotto anni. E' nato nella regione di Lugansk, a pochi chilometri dalla linea del fronte su cui combatte da anni nelle fila della milizie popolari. Ha una moglie e due figli. Appena lo incontro, nei pressi di una posizione quotidianamente teatro di combattimenti, si toglie il casco e me lo infila. “La tua testa vale ben più della mia”. Replico: “Cosa stai dicendo? Non scherzare, riprendilo”. Farfuglio qualcos'altro con un nodo alla gola, mentre liquida le mie rimostranze con un sorriso.

Prima dell'inizio della guerra civile, dopo aver prestato servizio nell'esercito ucraino, era stato uno degli ingegneri che seguivano i lavori di costruzione del sarcofago di cemento armato progettato per limitare il rilascio di radiazioni del reattore della centrale nucleare di Chernobyl.

“Ho lasciato la mia carriera e la mia famiglia e sono venuto a combattere, ma non voglio diventare un eroe per i miei figli. Al contrario, voglio che loro possano avere la possibilità di diventare i miei eroi”.

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