Il M5S si è infilato tra l'incudine ed il martello 


di Omar Minniti


Negli ultimi giorni ha dato, finalmente, qualche segno di vita ed è stato bravo a far esplodere alcune contraddizioni nel campo di Salvini, addossandogli la responsabilità, in caso della caduta del governo Conte, dell'aumento dell'Iva e della mancata attuazione del reddito di cittadinanza e della quota 100. La popolarità del "Capitano" ne ha un po' risentito, soprattutto al Sud, anche se i sondaggi continuano a dare la Lega tra il 36 ed il 38%.



Il problema per il M5S resta la prospettiva politica sulla media-lunga distanza. E gli scenari non sono rosei, sia in caso di elezioni immediate che di governicchio "antifascista" con Pd. Se si vota subito ed il Movimento si presenta come alternativa al nuovo centrodestra-destra a guida Salvini ed al Partito democratico, dopo aver governato con la Lega e cercato di civettare a giorni alterni con Zingaretti, questo rischia di finire stritolato nella tenaglia del rinato bipolarismo e, nella migliore delle ipotesi, dimezza il risultato ottenuto nel 2018. E di morire definitivamente nel giro di una legislatura, facendo la fine di Rifondazione ed altre meteore. Se, invece, si getta armi e bagagli in pasto al Pd, dando vita ad un "esecutivo costituzionale", un "nuovo CLN per fermare la deriva autoritaria" (dicendo che Salvini è il nuovo duce, dopo aver governato con esso), approvando misure di lacrime e sangue dettate dall'UE e dalle banche, rischia di non essere compreso dalla parte maggioritaria dei suoi attivisti e della base elettorale, che vede - giustamente - nel Pd il male assoluto, la peste ed il colera, il peggio - assieme a Berlusconi - della vecchia "casta". Il pericolo scissione è concreto ed è ancora più concreto quello di portare a casa risultati ad una cifra, di finire relegato al ruolo di ramoscello del Pd e di morire, comunque, nel giro di una legislatura. Come Rifondazione ed altre meteore.

Quale delle due ipotesi è la migliore? Senz'altro la prima, direi. Quantomeno per salvare la faccia ed uscire a testa alta, facendo capire di non essere attaccati alla poltrona ad ogni costo. Poi, si potrebbe tentare di rilanciare il Movimento come forza di opposizione anti-sistema, tornando agli slogan originari. Puntando su una figura come, per esempio, Di Battista per distanziarsi sia dal liberalpopulismo trumpista di Salvini che dal liberismo sinistrato euroinomane del Pd, aprendo un confronto con la piccola ma vivace area sovranista socialista ed anti-Ue che qui e lì sta sorgendo in Italia. Sia chiaro: nemmeno questa prospettiva assicura risultati certi, per un M5S che ha perso gran parte della sua spinta propulsiva e della sua decantata alternatività. Ma almeno è un tentativo, tardivo, di reagire con qualche bracciata al gorgo che sta per risucchiare il Movimento.

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