Quando la "soluzione verde" è l'austerità


di Thomas Fazi


Giuseppe Conte al vertice sul clima di New York: «L'Italia sta attuando uno dei programmi di decarbonizzazione più ambiziosi al mondo».


È vero: le emissioni di CO2 dell'Italia sono in calo da anni. Per la precisione dal 2007-8, cioè dall'inizio della crisi, come si può vedere nell'immagine. Stesso discorso per Spagna, Grecia e per tutti gli altri paesi maggiormente colpiti dalla crisi. Cosa che invece non è accaduta (o è accaduta in misura molto più contenuta) ai paesi meno colpiti dalla crisi come - tanto per fare un esempio - la Germania.





Insomma, nella misura in cui negli ultimi anni si è verificata una "decarbonizzazione" in certi paesi questo è dovuto perlopiù alla drammatica riduzione dei redditi e dunque dei consumi delle classi medie e basse, non certo a una politica virtuosa da parte dei governi.


Che sia questa la "soluzione verde" - una soluzione scaricata interamente sulle spalle delle fasce sociali più deboli - quella qualcuno ha in mente?


Una cosa è chiara: o la necessaria transizione ecologica è accompagnata da un più generale ribaltamento di paradigma che migliori la vita delle masse invece di impoverirla - per esempio attraverso il superamento del concetto nichilistico di "tempo libero", destinato essenzialmente ai consumi privati necessari a tenere in piede l'energivoro castello produttivo, con quello di "tempo liberato", destinato all'uso di beni e servizi pubblici e gratuiti destinati alla collettività (parchi, musei, cineteche, trasporti ecc.), con un evidente beneficio in termini di benessere generale, il che a sua volta richiede una massiccia espansione del ruolo dello Stato e del welfare (e un contestuale aumento della spesa pubblica), cioè l'opposto di quello a cui abbiamo assistito in questi anni - o assisteremo a una comprensibile rivolta nei confronti del concetto stesso di ambientalismo, a danno della causa stessa.

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