La versione controcorrente di Munchau (Financial Times): "Non è un accordo storico"



Wolfgang Munchau, editorialista di punta del Financial Times, ha commentato sul suo think tank Eurointelligence il lungo vertice dell'Ue che ha partorito il cosiddetto accordo sul Recovery Fund. "Facciamo parte di un gruppo molto piccolo di commentatori che ieri non è riuscito a usare la parola "storico". Non vogliamo minimizzare il significato del primo vero eurobond dell'UE. Ma la decisione veramente storica non è ancora stata presa: un'espansione della base imponibile delle risorse proprie dell'UE che le consentirebbe di agire da sola come emittente di debito sovrano. Al contrario, crediamo che l'accordo di ieri potrebbe averci allontanato da questo obiettivo", scrive su Eurointelligence.



Chi parla di evento storico, prosegue nell'analisi, lo fa pensando ai propri pregiudizi cognitivi, a livello di ipotetico futuro desiderato. "Il vertice è stato il momento in cui l'UE ha superato la sua resistenza a un futuro condiviso. E' una traiettoria possibile ma non è l'unica. E non pensiamo nemmeno che sia la più probabile."

Si tratta, prosegue Munchau, di una questione che dovranno risolvere gli storici. Venendo all'attualità "i governi nazionali finiranno per monitorare le reciproche abitudini di spesa. Ora troveremo Mark Rutte che commenta quanto efficientemente l'Italia spende i suoi soldi. Le persone scopriranno le cose l'una dell'altra che non gli piaceranno. I giornalisti dei paesi del nord scenderanno nelle capitali del sud per indagare su frodi e appropriazione indebita di fondi. Gli olandesi confronteranno la loro età di pensionamento con quella degli italiani. E, tra circa cinque anni, si chiederanno se questa struttura abbia davvero avuto successo".

Riprendendo l'analisi di Gerald Braunberger sul principale quotidiano tedesco FAZ - secondo cui i destinatari netti dei fondi sono molto vicini a una posizione di insolvenza e che questo programma costituisce un supporto nascosto alla solvibilità - Munchau sottolinea come saranno necessarie le "riforme economiche per aumentare la produttività, forse con una qualche forma di ristrutturazione del debito".

E da questo punto di vista sono in particolare 4 gli scenari che potrebbero ostacolare il corretto svolgimento del piano accordato:

gli Stati membri potrebbero non sfruttare l'opportunità della spinta fiscale affrontando una produttività strutturalmente bassa;

gli Stati membri potrebbero non riuscire a dotare l'UE di un aumento della base imponibile delle risorse proprie;

gli Stati membri potrebbero non riuscire a modificare i trattati per consentire all'UE di raccogliere fondi al di fuori delle emergenze fiscali;


il programma mette gli Stati membri uno contro l'altro e potrebbe favorire l'euroscetticismo nel nord.

"Come sempre in politica, ci sono più modi in cui qualcosa può andare storto che modi in cui si può avere successo. Il compromesso è divenuto possibile perché coloro che hanno sostenuto il fondo di recupero erano pronti a compensare i perdenti attraverso sconti e a dare loro un ruolo nel monitoraggio dei programmi. Il programma avrà successo se riuscirà ad avvicinare l'Europa. Stiamo davvero lottando per vederlo. Gli olandesi probabilmente non lasceranno l'UE, ma ci sono molti modi in cui l'UE può disintegrarsi. Ciò che è accaduto nel fine settimana è coerente con molte versioni della storia futura.", ha concluso.

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